Correvano gli anni ’90. In Europa, l’Italia faceva da padrona in tutto quello che riguardava la musica, dalla dance, alla techno, fino alle produzioni indipendenti dei DJs.
Non da meno furono (e lo sono tutt’ora) i templi in cui ballare in Europa: Number One, Teatriz, Ultimo Impero…
Molti di questi sono ancora in attività, mentre altri sono stati ingoiati dall’oblio, vuoi per gestioni dissennate, vuoi per le major che hanno imposto altri generi musicali…
Oggi vorrei rivivere con voi il mio viaggio in una di queste ultime, parlando di un locale storico per l’hardcore conosciuto in mezza Europa, teatro e palco dei migliori DJs dell’epoca, che richiamavano folle di adoratori anche da Olanda e Germania per i mitici rave che si tenevano fino all’alba.
La storia di questo locale iniziò nel 1995 con i suoni techno-progressive, che nel ‘98 diventano hardcore, fino al 2002, quando la scena passò di mano ad alcune sporadiche serate di afro e remember. La fine fu di lì a poco ad arrivare, per un incendio di cui rimane ancora traccia. Da quel momento il locale è diventato il fantasma di se stesso ma ricordato ancora oggi dalle migliaia di ragazzi che, ogni weekend, si spostavano dalla riviera e gli stati vicini. L’entrata prevedeva un piccolo corridoio a spirale che arrivava alle due casse (che emozione vedere quei vetri, dall’altro lato, e cosa celavano!).
Passate le casse si entra nella main-room della cattedrale, con il grande bancone in marmo e cemento del bar da cui (ora) chiunque può spaziare con lo sguardo su tutta la sala.
Il locale si sviluppa su due livelli, al centro la grande pista principale rotonda, lo stile è un misto tra l’arabeggiante e lo psichedelico (con contaminazioni afro degli ultimi remember), sovrastata dalla console del DJ alle cui spalle (una volta) si ergevano muri coperti di diffusori (ricordo che l’impianto audio faceva impallidire discoteche molto più blasonate) e dal soffitto dalla cui intricata gabbia ferrosa pendevano quintali di spot, strobo, lasers.
Salendo al piano superiore troviamo le altre due piste, di cui una ancora con i segni dell’ incendio, e gli altri bar più piccoli.
Rivedere il tutto, avendolo vissuto negli anni d’oro è un vero tuffo al cuore… tutto è coperto da un silenzio innaturale per questol posto, vuoto, sofferente e dimenticato.
Con gli occhi lucidi continuo l’esplorazione con l’intento di fotografare ogni centimetro quadro… soprattutto le zone che una volta erano off-limits ai clienti… mi addentro nel retro dei bar dove ancora resistono frigo divelti, alcune stoviglie e qualche pannello elettrico… mi rilasso immedesimandomi nel punto di vista dei DJs mentre le immagini della mia memoria si sovrappongono a quelle davanti ai miei occhi…con ancora la musica assordante che riempie questo silenzio. Ma la sorpresa più grossa deve ancora venire. Quando decido di scendere negli ‘scantinati’ e nei dietro le quinte ufficiali scopro un mondo che mai avrei pensato di trovare : salette insonorizzate, bagni, uffici, e… il punto da cui si scatenò l’incendio che ne decretò la definitiva chiusura relegandolo al paradiso delle discoteche.
Questa mia prima incursione è stata realizzata sicuramente con uno stato emotivo poco obiettivo, con la voglia primaria di rientrare nella pancia del mostro per documentare cosa ne era rimasto, per salutarlo un’ultima volta con rispetto, per rendergli omaggio con un set fotografico…
…ma sicuramente tornerò a fargli visita, una volta, due, dieci, cento, mille volte finchè non decideranno di abbatterlo piuttosto che tenerlo in piedi come un grande ingombrante contenitore vuoto!

Classe ’76. Fotografo, grafico e musicista. Attualmente non collabora più con Ascosi Lasciti, ma si dedica a portare avanti il suo progetto personale: il P.L.A.I. (Posti e Luoghi Abbandonati Italiani)