Di norma non riveliamo i posti dove andiamo, tranne ai collaboratori più stretti e fidati.
Come sapete cari lettori, le motivazioni sono delle più fondate, da questioni di sicurezza alla salvaguardia degli edifici, ma oggi faremo un’ eccezione. Il motivo? Il posto è molto conosciuto e di facile accesso; oramai la struttura è di proprietà di madre natura e di alcuni softgunners che la domenica ammazzano il tempo scaricandosi pallini di plastica addosso. Siamo sinceri: premetto che non c’è niente di particolare in questa struttura, ma per due motivi specifici ne è valsa la pena andare fin qui : il panorama ed un piccolo tesoro abbandonato…
Parliamo dell’esplorazione: era una ex3 pizzeria- ristorante con sala ricevimenti; non è immenso, perdersi è molto difficile nonostante sia situato su tre piani, piú un semi-interrato. E’ una struttura tipicamente anni novanta. Dai piani superiori possiamo godere del panorama della campagna marchigiana e di un’aria che è decisamente più salutare di quella di città. In realtà potete optare per questo rudere qualora voleste farvi un scampagnata insolita, lontano dalla fretta e monotonia delle aree urbane. Pian piano scendiamo e arriviamo all’ingresso, dilaniato dal tempo, dai vandali e da ragazzi che cercavano invano copertura da una raffica di pallini. Al piano terra non c’è granchè e così scendiamo in quella che credo sia stata la sala ricevimenti con tanto di forno per la pizza e graffiti fatti da tipi gangsta swag, o almeno me li immagino così.
L’esplorazione continua. Via via si procede oltre fino ad arrivare nel semi-interrato dell’edificio dove presumibilmente si trovavano le cucine e la cantina…e qualcuno che chiedeva aiuto. Infatti dalla foto dove c’è scritto HELP sul muro, si può facilmente dedurre che a qualcuno serviva una mano, forse dopo un atto di eliminazione di escherichia coli e mancanza di materia prima fibrosa di origine vegetale…però è strano, dato che essa era considerata un lusso soltanto fino alla seconda guerra mondiale. Ma non divaghiamo oltre, perché il giro fondamentalmente finisce qui, e come ho detto all’inizio non è un posto particolarmente affascinante.
Passiamo alla seconda parte del racconto ovvero del perché sia valsa la pena arrivare in questo posto abbandonato da dio e dagli uomini. Non essendoci nulla di interessante, ci siamo solamente fermati giusto per dare un’ occhiata fugace, e soltanto in seguito la nostra attenzione si focalizza su una sorpresa inaspettata, che ovviamente non sono i carabinieri.
Un gatten!
Che ci fa un gatto in mezzo al nulla più assoluto? Anche perché l’edificio più vicino è il cimitero a più di un chilometro. La bizzarra creaturina dapprima diffidente è poi diventata assai socievole, tanto è che dopo un estenuante pressing da parte dei compagni d’avventura, ho deciso di adottarlo.
Ora ho un “gatto urbex”. Ma la cosa per giorni mi ha tormentato: che abbia rubato il gatto a qualcuno, visto che sa usare la lettiera e non ha problemi a mangiare crocchette e rimanere dentro casa? Nei giorni a seguire, parlando con un amico che abita nei dintorni, ho saputo che ogni tanto qualcuno, specialmente con l’avvicinarsi dell’estate, abbandona i gatti per le campagne della zona. Una cosa veramente orribile, ma una fortuna nella disgrazia, dato che ho trovato qualcuno con cui condividere le calde giornate che verranno e le serate a oziare sul divano.
In conclusione, anche se il posto non è dei migliori, ci si può scovare un tesoro. Nel mio caso è stato un micio…

Nato nel 1986. Fotografo per passione dal 2007. Appassionato di fotoreportage, ha trovato nell’Urbex un altro modo di raccontare storie.
Caporedattore per il blog decennale di Ascosi Lasciti.