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MARCHE urbexVILLE e PALAZZINE abbandonate

Restauri d’autore

Articolo di Settembre 18, 2014Ottobre 16th, 2017Nessun commento

Da un annuncio si legge che questo immobile, proprietà della provincia, venne messo all’asta con la speranza che qualche facoltoso imprenditore si facesse carico del restauro che tutti i cittadini speravano. Correva l’anno 2007.
Già dagli anni ’80, una ditta di palazzinari lo aveva raso al suolo per metà, dovendo costruire un mostro di cemento, e lasciando quel che ne rimaneva alla mercè del tempo (dopo decenni di abbandono, come se non fosse stato già abbastanza), cosa che anche i nuovi proprietari stanno continuando a fare.

Ripercorrendo la storia, quella vera, si scopre che l’edificio è costituito da due parti distinte: l’ala del 1600, e quella più moderna, risalente all’800.
Arrivando, invece, ai giorni nostri e parlando anche con gli anziani che hanno visto la decandenza dell’edificio veniamo a sapere che qualche giorno prima di Natale, con la guerra alle porte, venne notificata un’ordinanza di sfratto ai pochi commercianti che ne occupavano le stanze al piano terra (famoso a quanto dicono il salone del barbiere) per non precisati motivi, lasciando le famiglie in mezzo alla strada.

Queste sono le ultime notizie che collocano questo edificio nei giornali della città.
Da quel momento è l’oblio a farla da padrone.
Ed eccoci ad oggi, quando, parlando con amici, ci ritorna in mente questo casermone in una delle vie più conosciute del centro storico.
Le voci parlano di un restauro ‘tentato’ da parte del comune per salvaguardare l’immobile ormai nel degrado più totale, con le stanze ancora in un discreto stato. Decidiamo così di verificare con i nostri occhi, anzi i nostri obiettivi… attraverso l’unico punto accessibile dello stabile: un buco nel muro di mattoni!

Una volta dentro constatiamo l’effettivo stato di abbandono. Pavimenti e soffitti puntellati ovunque, rimanenze di opere murarie, e i soliti lavori di restauro appena iniziati, mentre quel che resta dello splendido giardino all’italiana nel cortile interno, non è altro che una foresta incolta.
Speranzosi, saliamo al primo piano, dove la situazione migliora leggermente; le puntellature diminuiscono, mentre passiamo attraverso le stanze con ancora i soffitti affrescati e i pavimenti in cotto relativamente ‘in piano’.

Al secondo piano, accessibile solo attraverso una scala di legno la situazione peggiora: i controsoffitti in cannucciaia sono solo un lontano ricordo (immagino quanti soffitti a volta affrescati siano stati disintegrati) mentre il soffitto di tegole è in bella vista e i pavimenti si inarcano minacciosi (infatti gli ultimi operai hanno lasciato tavole di legno su cui attraversare le stanze) sotto la coltre di escrementi di piccione.

Così non ci rimane che documentare attraverso i nostri scatti questa parte di città che ci è stata negata, che forse mai verrà riconsegnata ai cittadini, legittimi proprietari, come tanti altri edifici caduti nell’oblio dopo secoli di storia. Prima di andarmene, mi fermo un attimo ad osservare attraverso le finestre la città che ignara vive attorno a queste stanze, i passanti che rasentano i muri scrostati senza nemmeno immaginare cosa celino, e mi sembra di sentire il passare del tempo che nasconderà le magnifiche stanze, mentre il sole ancora illumina queste pareti scolorite.

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