Il fenomeno del latifondismo era tipico dell’Italia del mezzogiorno.
In passato esso rivestiva un ruolo chiave nell’economia del Sud italiano. Semplicemente consisteva nel possedimento di sconfinati terreni per la coltura tradizionale intensiva, senza curarsi dell’innovazione. L’attività praticata non sempre dava buoni frutti, ma cosa importava?
Al padrone interessava solo aumentare la rendita, senza migliorare la manodopera. Come ? Con un unico mezzo: lo sfruttamento. Questo circolo vizioso fu interrotto con la riforma agraria del 1950, grazie alla quale venne ridotta a trecento ettari l’estensione massima di un terreno coltivabile. Il risultato fu che rapidamente i latifondi scomparvero e l’ex masseria che vi mostriamo oggi è un frammento di questo mondo assai lontano.
Per chi non lo sapesse, la masseria è una fattoria fortificata tipica del sud Italia. Una specie di azienda agricola comprensiva d’alloggi per contadini e palazzi padronali.
Non lontana da Alberobello, questa colonia domina sulla pianura e raggiungerla è semplice:
fanno da perimetro solo un muro a secco ed un trullo in miniatura. Le parti laterali e anteriore servivano da magazzino e da alloggio per braccianti, mentre il primo piano era di uso padronale. Il piazzale interno, lastricato in pietra, accoglieva tutti nel suo ampio spazio, ma ormai è proprietà esclusiva di madre natura. Si presenta pieno di erbacce e rifiuti, dai quali si alza solo un pozzo antico quasi intatto. La pace e il silenzio, che regnano in questa parte di struttura, sembrano usciti da un libro fantasy. Tanto è piacevole l’atmosfera che decidiamo di godercela un paio di minuti.
Il giro prosegue al piano superiore con molta cautela, visto lo stato delle scale disastrate. Prima di salire ci accorgiamo della presenza dei capitelli sulle colonne del cortile e sull’arco della scalinata; segno di ricchezza dei vecchi proprietari terrieri, in quanto costosi da realizzare e delicati da erigere. Nel primo piano della villa, comprensivo di cappelletta, ancora sono presenti pitture originali ed affreschi, seppure parzialmente coperti da intonaco e strani graffiti. Ebbene sì, qualcuno ha imbrattato questo pezzo di storia locale con scritte sataniche.
Non sarebbe il primo caso in cui scopriamo riti pagani o messe nere, in luoghi come questo. Ancora una volta, purtroppo, la mano dell’uomo ha rovinato un dono preservato dal tempo. Per esplorarlo interamente si impiegano un paio d’ore. E’ bene quindi godersi la visita.
Consigliamo di portarvi una sedia comoda e la compagnia di un buon libro da gustare nel silenzioso giardino interno. Per restare in tema, sarebbe perfetto “La roba” di Giovanni Verga.

Nato nel 1986. Fotografo per passione dal 2007. Appassionato di fotoreportage, ha trovato nell’Urbex un altro modo di raccontare storie.
Caporedattore per il blog decennale di Ascosi Lasciti.