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CHIESE, CONVENTI e CIMITERI abbandonatiPIEMONTE urbex

Una rosa d’inverno

Articolo di Ottobre 11, 2014Gennaio 11th, 2020Nessun commento

Ho solo un desiderio in questo giorno d’inverno: una rosa dal mio orto

Queste mura furono edificate a metà del 1600 e il suo terreno copre un ‘estensione di ben 175 ettari.
Furono dedicati a Santa Rita da Cascia, conosciuta come “la Santa della rosa” per il suo celebre aneddoto, e donati all’ordine camaldolese.
La grande facciata era rivolta verso Torino ed era affiancata da grossi porticati sui quali si esponevano gli spazi di clausura, i parlatori, la foresteria, il chiostro e l’infermeria.
Le celle erano strutturate come piccole casette indipendenti circondate da un giardino cintato e disposte in file di quattro.
Il complesso fu già abbandonato per quindici anni nel 1800, a seguito della rivoluzione francese, e passò successivamente dalle mani di vari ordini ecclesiastici, fino a divenire proprietà demaniale della chiesa.
Dopo sue riconversioni ad utilizzo sanitario, come ospedale di guerra e come RSA, l’edificio venne definitivamente chiuso nel 2013. Ad oggi sono pervenuti a noi, della costruzione originaria, solo la chiesa abbandonata dedicata a Santa Rita, il muro perimetrale e i ruderi di una unica cella monacale.
Sempre più degradati, sono visibili gli stucchi decorativi.
Tra di essi, si può ancora scorgere la raffigurazione di una rosa.

Era un giorno d’autunno, quasi un anno fa’, a fine giornata, quando il sole illuminava la facciata barocca della chiesa di un convento abbandonato.
Avevo faticato molto per trovarla, ben nascosta dal bosco che la circonda.
L’ingresso si era rivelato semplice e, una volta dentro, rimasi a bocca spalancata per la bellezza e lo splendore di questo luogo, così ben conservato nonostante i lunghi anni d’incuria.
Ed é fra queste mura dedicate a Santa Rita da Cascia che conobbi la storia della donna.
Rita nacque presumibilmente nell’anno 1381 a Roccaporena, un villaggio situato nel comune di Cascia, in provincia di Perugia.
La sua storia fu ricolma di eventi straordinari e uno di questi accadde nella sua infanzia.

La piccina, che viveva in un casolare in campagna, lasciata per qualche momento incustodita nella culla mentre i genitori lavoravano la terra, fu circondata da uno sciame di api.   Questi insetti ricoprirono la piccola, ma stranamente non la punsero.
Un contadino, che nel contempo si era ferito la mano con la falce e stava correndo a farsi medicare, si trovò a passare davanti al cestello dove era riposta Rita.   Viste le api che ronzavano attorno alla bimba, prese a scacciarle ma, con grande stupore, a mano a mano che scuoteva le braccia per scacciarle, la ferita si rimarginava completamente.
Rita avrebbe desiderato farsi monaca tuttavia ancor giovanetta (a circa 13 anni) i genitori, oramai anziani, la promisero in sposa a Paolo Ferdinando Mancini, un uomo conosciuto per il suo carattere rissoso e brutale.
La fanciulla, abituata al dovere, non oppose resistenza e andò in sposa al giovane ufficiale.

Dal matrimonio fra Rita e Paolo nacquero due figli gemelli maschi, Giangiacomo Antonio e Paolo Maria, che ebbero tutto l’amore, la tenerezza e le cure dalla mamma.
Rita riuscì, con tenero amore e incessante pazienza, a trasformare il carattere del marito rendendolo più docile.
La vita coniugale di S. Rita, dopo 18 anni, fu tragicamente spezzata con l’assassinio del marito.
L’evento la afflisse tremendamente a causa della sua atrocità.   Cercò dunque rifugio e conforto nell’orazione con assidue e infuocate preghiere a Dio, perchè perdonasse gli assassini di suo marito.
Contemporaneamente, S. Rita intraprese un’azione estrema per giungere alla pacificazione :
i suoi figlioli sentivano come un dovere la vendetta per la morte del padre e Rita si rese conto che le volontà dei figli non si piegavano al perdono.
Allora la Santa pregò il Signore offrendo la vita dei suoi figli, pur di non vederli macchiati di sangue.  “Essi moriranno a meno di un anno dalla morte del padre”.

Quando S. Rita rimase sola, aveva poco più di 30 anni e sentì rifiorire e maturare nel suo cuore il desiderio di seguire quella vocazione che da giovinetta aveva desiderato realizzare.   Divenne monaca.
Era il Venerdì Santo del 1432, S. Rita tornò in Convento profondamente turbata, dopo aver sentito un predicatore rievocare con ardore le sofferenze della morte di Gesù e rimase a pregare davanti al crocefisso in contemplazione. In uno slancio di amore S. Rita chiese a Gesù di condividere almeno in parte la Sue sofferenze.

Avvenne allora il prodigio: S. Rita fu trafitta da una delle spine della corona di Gesù, che la colpi alla fronte. Fu uno spasimo senza fine.
S. Rita portò in fronte la piaga per 15 anni come sigillo di amore.
Furono anni di sofferenza senza tregua.  La sua perseveranza nella preghiera la portava a trascorrere anche due settimane di seguito nella sua cella, senza parlare con nessuno “se non con Dio”.

Ella portava anche il cilicio che le procurava ulteriore sofferenza e, per di più, sottoponeva il suo corpo a molte mortificazioni.   Dormiva anche per terra, fino a che non si ammalò e rimase inferma negli ultimi anni della sua vita.
Poco prima del suo trapasso, un giorno di inverno, con la temperatura rigida ed un manto nevoso che copriva ogni cosa, una parente le fece visita e, nel congedarsi, chiese alla Santa se desiderasse qualche cosa.  Lei rispose che avrebbe desiderato una rosa dal suo orto.
Tornata a Roccaporena, la parente, si recò nell’orticello e con grande meraviglia vide una bellissima rosa sbocciata, che colse e portò a Rita.
Così S. Rita divenne la “Santa della Spina” e la “Santa della Rosa“.
Prima di chiudere gli occhi per sempre, ebbe la visione di Gesù e della Vergine Maria che la invitavano in Paradiso. Una sua consorella vide la sua anima salire al cielo accompagnata dagli Angeli e contemporaneamente le campane della chiesa si misero a suonare da sole, mentre un profumo soavissimo si era era sparso per tutto il Monastero e, dalla camera della santa, risplendeva una luce luminosa, come se vi fosse entrato il Sole.

Era il 22 Maggio del 1447.
S. Rita da Cascia è stata beatificata ben 180 anni dopo il suo decesso e proclamata Santa a 453 anni dalla sua morte.

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