Nutro un forte interesse per l’archeologia industriale, forse perché la prima soglia dell’abbandono che varcai fu proprio quella di una fabbrica dismessa. Da lì è rimasto come un imprinting passionale che spesso ritorna durante le mie esplorazioni. E mi ha portato ad esplorare le più belle fabbriche abbandonate in Italia.
Oggi vorremmo parlarvi di un vecchio molino dai colori forti e dagli odori penetranti.
Non sappiamo quando la fabbrica sia stata dismessa e abbandonata (l’ultimo calendario suggerisce, come data, il 1985 ma la chiusura è probabilmente più recente) né quando abbia iniziato la sua produzione. In primis la mega-struttura era adibita a industria molitoria e pastificia come suggeriscono alcuni macchinari, mentre successivamente si dedicarono alla produzione di mangimi.
Prima di giungere al complesso centrale è necessario passare per un capannone dal tetto divelto, poi per un secondo palazzo semicrollato. Una volta al centro del complesso si possono ammirare ben 20.000 metri quadrati di abbandono. All’interno di un terzo palazzo completamente pieno di guano di piccioni è possibile giungere, salendo delle scale pericolanti, al laboratorio chimico dell’industria.
Forni, alambicchi e provette, appunti sparpagliati, sostanze reagenti lasciate in contenitori polverosi e dai colori freddi e inquietanti. Mentre mi aggiro per il laboratorio, ci soffermiamo un attimo a guardare da una finestra il cielo blu che si amalgama perfettamente con il colore dei silos. Argento, ruggine e celeste, santificati alla decadenza e all’eterno riposo che dubitiamo possano essere interrotti, in questa nostra Italia degli sprechi.
Non osiamo salire gli altri piani della palazzina perché pericolanti e appestati da un odore terribile di escrementi.
Tornati nel grande cortile della fabbrica dismessa, decidiamo di avventurarci tra i silos dove i tubi rugginosi e corrosi dal tempo sembrano grandi ragni con le zampe deformi.
La specificità dell’archeologia industriale è proprio quella di sopraffare il visitatore: lo guarda dall’alto, mentre nubi di piccioni dominano e fecondano uno scenario silenzioso dal 2003, che aspetta di essere riconvertito.
Grazie per aver spinto fino a qui la tua CURIOSITA’. La stessa che ci spinge a fare esplorazione urbana, in luoghi pericolosi, per raccontarteli.
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Elvira Macchiavelli fa parte del gruppo toscano. Studia scienze della formazione a Firenze, coltivando l’interesse per la scrittura. Molto attiva nel panorama urbex nazionale, ha un canale youtube “Where Elvi production urbex trip”, un blog “Urbex at Info!” e ricopre inoltre il ruolo di membro fondatore del sito “esplorazioniurbane.it”.