“Credevo di essere diventata una Regina, in realtà mi avevi trasformata in un fenomeno da baraccone. Piano piano il tuo interesse per me é diminuito, venivi a trovarmi sempre di meno. Oramai non ero più una novità ma una decadente e noiosa consuetudine… Finché non hai smesso di amarmi…”“A Consonno é sempre Festa“. Così diceva il cartello ben esposto sopra le porte di questo Paese dei Balocchi.
Il conte Mario Bagno, eccentrico imprenditore, aveva un sogno: costruire in mezzo alle colline della Brianza la città del divertimento.
Era la fine degli anni Cinquanta e il boom economico faceva sembrare tutto possibile. Anche radere al suolo un borgo di contadini e costruire, al posto di cascine e stalle, un minareto di 30 metri, una sala da ballo all’aperto e una galleria di negozi in stile arabeggiante, addirittura «limando» con la dinamite una collina troppo alta, ostacolo al panorama.
Il sogno del conte Bagno, costruttore di strade e autostrade, iniziò a prendere forma nel 1962, quando acquistò da un’immobiliare per 22 milioni e mezzo di lire l’intera proprietà di Consonno, frazione di Olginate in Provincia di Lecco.
A quel tempo, il paesino contava 200 abitanti, tutti contadini, nessuno proprietario della casa in cui viveva. L’unica strada che collegava il paese al mondo era una mulattiera.
Le ruspe entrarono in azione subito e molte case furono demolite mentre la gente era ancora sull’uscio.
Il conte Bagno divenne così, per tutti, il “conte Amen.”
La scelta del luogo del progetto era caduta su Consonno per la posizione favorevole, a 600 metri d’altezza, adagiata in una conca verde e con un affaccio naturale sul Resegone.
Ma la nuova Consonno, nata dopo cinque anni di lavori, era un “inno al kitsch”: colonne in stile medioevale all’ingresso, un finto cannone fatto arrivare da Cinecittà, sfingi egiziane, pagode cinesi, un Grand hotel Plaza e sale da gioco. Poi, tra gli inviati, anche ospiti di prestigio, dai Dik Dik a Pippo Baudo.
In breve, divenne la Las Vegas della Brianza.
Come velocemente era arrivata alle stelle, altrettanto velocemente Consonno è divenuta una città fantasma:
esaurita l’euforia per la novità, i visitatori cominciavano a scarseggiare. Poi, nel 1976, una frana travolse l’unica strada di collegamento e, siccome il conte con la sua irruenza si era fatto nemici anche nelle pubbliche amministrazioni, la strada non venne più ricostruita fino al 2007.
Trent’anni ,ed oltre, di oblio hanno lasciato a Consonno solo il nome e ruderi.
Nel tempo è diventata meta di curiosi, vandali e ravers : in un certo senso è ancora sempre festa.
Sono stati anche girati molti film, Italiani e non, prima e dopo l’abbandono. Pare che a breve ne uscirà uno nuovo proprio sulla storia di Consonno… Intanto esiste un bellissimo documentario prodotto dalla televisone Svizzera …e girano sul web vecchie immagini di Consonno che potete trovare qui

Classe ’87 e svizzero, Jonathan è uno tra i più famosi autori nel campo “Urbex” e tra i più attivi nel progetto Ascosi Lasciti.
Attratto dalla storia, dalla bellezza estetica, dall’architettura, ha visitato edifici abbandonati in tutta europa.