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ARCHEOLOGIA INDUSTRIALELAZIO urbex

Un Cementificio, un Mondo Sventrato

Articolo di Luglio 18, 2016Febbraio 11th, 2021Nessun commento

L’archeologia industriale è sempre uno scenario denso di colori e anfratti decadenti che meritano una visita.

E’ un panorama grigio e imponente, dove la natura attua la sua rivincita sulle ‘umane cose’ e il tempo logora poco a poco ogni briciola costruita anni fa.
Nel silenzio delle ampie sale, trivellate da anni di incuria e menefreghismo storico, non è sopravvissuto niente.  Non esistono macchinari né tracce di un passato civile: solo sporcizia e pura solitudine.
All’interno del cementificio abbandonato noi vaghiamo, come sempre, alla ricerca di quel qualcosa di estasiante, fotografando ogni centimetro della struttura.
In silenzio, procediamo tra i buchi del pavimento e, oltre gli archi di cemento della fabbrica, avvertendoci l’un l’altro sui possibili pericoli.  E intanto il “TA-TA-TA” della macchina fotografica rimbomba dolcemente nella cassa toracica del cementificio, quasi a volerlo rianimare attraverso la nostra missione di ricordo.
I raggi di luce, come sempre, sono la pulviscolare poesia che anima l’archeologia industriale, questa volta accompagnata anche da due cavalli, che come noi, pascolano tra l’amianto e l’erba rigogliosa.
Al termine della scarna e cruda visita che ci ha portati anche nella zona degli uffici (sfortunatamente per noi occupati) non ci siamo chiusi nessuna porta alle spalle: qui non esistono cancelli né recinzioni, solo un muretto basso e franato da scavalcare con semplicità.

Un po’ di storia.
Tutto iniziò quando il signor C. intuì bene il potenziale di Casale Monferrato (zona fertile di sedimenti adatti alla fabbricazione di calce e cemento), era il 1867 quando si costituì la Società di Casale Monferrato per la cottura della calce idraulica, poi convertita nel 1873 in ‘Società Anonima Fabbrica Calce e Cementi’.
L’imprenditore avanzò l’idea, poi concretizzata, che anche l’Italia potesse produrre cemento (anche se in quegli anni non veniva utilizzato), così, grazie a degli studi nel settore e a vari esperimenti, riuscì a ottenere un ottimo cemento Portland.  I suoi compagni di società videro in questo inaspettato successo la più completa diffidenza: era troppo azzardato puntare su una nuova produzione quando già la Francia era la massima esportatrice di cemento.
C. non prestò ascolto agli altri imprenditori e nel 1882 uscì dalla ‘Società anonima fabbrica Calce e Cementi’ fondandone una nuova.

Il successo della nuova società di Casale Monferrato fu eclatante: il lungimirante imprenditore fu il primo ad introdurre in Italia il forno Dietzsch acquistandone il brevetto. E non solo: egli fu anche il primo a portare l’energia elettrica nella sua fabbrica e nel 1887 gli sarà persino conferita la medaglia d’oro dal Ministero dell’Industria.
Il cementificio abbandonato, costruito nei pressi della stazione ferroviaria, comprendeva in origine dieci ettari completamente consacrati alla produzione di cemento e di calce. L’impianto era alimentato da una propria centrale alimentata a carbone e gli operai impiegati erano non meno di duecento, al termine degli anni ’30.
La fine del cementificio si ebbe con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale: gli impianti erano datati e la concorrenza di un nuovo impero del cemento, questa volta nella vicina Civitavecchia, portarono alla sua definitiva chiusura. Negli anni ’50, i terreni circostanti alla fabbrica vennero impegnati nella fioricoltura e da allora l’abbandono regna sovrano.

Nonostante un piano di recupero varato nel 1992 non è stato fatto ancora niente per il cementificio né per la villa patronale abbandonata in stile Liberty, del 1911, che si trova sempre nel perimetro della fabbrica.

L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.

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Se questo cementificio abbandonato ha stuzzicato la tua curiosità, ecco una lista di industrie e fabbriche abbandonate. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati del Lazio?

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