“Serenamente contemplava la corrente del fiume; mai un’acqua gli era tanto piaciuta come questa, mai aveva sentito così forti e così belli la voce e il significato dell’acqua che passa. Gli pareva che il fiume avesse qualcosa di speciale da dirgli, qualcosa ch’egli non sapeva ancora, qualcosa che aspettava proprio lui.” (Hermann Hesse)Forse fu questo il pensiero del nobile francese che decise di costruire il suo castello in questo luogo particolare.
Voleva ascoltare la voce del fiume: allegra in primavera, quando le nevi sulle montagne si scioglievano, flebile nelle torride estati, violenta e minacciosa dopo le piogge torrenziali d’autunno e silenziosa sotto il ghiaccio dei freddi inverni.
Fu la mia prima tappa durante un “magro” tour francese, attraverso luoghi abbandonati, e fu uno dei posti più belli che visitai.
Lo trovai immediatamente, quando raggiunsi l’antico paese di contadini.
Me lo aspettavo nella sua elegante architettura con le pareti ricoperte di edera che si specchiasse nell’acqua tranquilla del fiume, proprio come lo avevo visto nelle cartoline in bianco e nero d’epoca trovate in rete.
Invece trovai un edificio fatiscente, senza tetto e ricoperto da impalcature.
Pensai subito ad un restauro, ma tutto sembrava fermo…
Scavalcai a fatica l’alto muro che circondava il parco. Un grazioso ponticello collegava il castello con il giardino separato dal fiume. Poi mi arrampicai sulle impalcature, e a fatica entrai da un varco spalncato.
Gli interni mi sorpresero positivamente, in quello stile neoclassico francese che amo tanto, in uno stato di degrado avanzato. Ancora alcuni arredi e dettagli cercavano di abbellire quello scenario apocalittico. Anche le stanze erano ben conservate e riconoscibili in base alla loro funzione.
Gli interni erano sbiaditi, quasi in bianco e nero, come nelle cartoline, come se il tempo ne avesse portato via i colori.
Un loggiato a cinque archi, chiusi da vetrate, fungeva da ingresso principale e corridoio della dimora. Attraversandolo si accedeva al gran salone, un salone particolarmente ampio e perfettamente simmetrico fra porte e finestre.Qui era custodito un caminetto di marmo con un grande specchio. Nella stanza c’era anche un grande e antico tavolo da biliardo, svago di una nobiltà perduta.
Trovai anche un bel pianoforte a coda in pessime condizioni, probabilmente trasportato dal salone adiacente che era separato da una grande porta a vetri ed era caratterizzato da un parete curva con grandi finestre. Un tempo esso era il salone della musica o il salotto sul parco.
Anche qui trovai un caminetto e un’armonia simmetrica fra eleganti decorazioni neoclassiche. Non é difficile immaginare la bellezza di questo luogo nei suoi giorni di gloria.
Dopo il salone di rappresentanza, si accedeva alla biblioteca. Una stanza splendida, ora in completa decadenza, ma con ancora i libri sugli scaffali, il divanetto di velluto, il camino e i mobili quasi intatti.
Attraversai questi spazi e, tramite un’ altra porta, mi trovai nella sala da pranzo, dove c’era ancora una grande cristalliera a muro e un mobile, posizionati in una nicchia con ripiano in marmo. Il salone era fortemente danneggiato da un crollo che nascondeva parte di un camino barocco. Poi le cucine, e infine le altre stanze, erano quasi irraggiungibili a causa dei crolli di pareti e soffitti. Solo allora che mi accorgo che il castello aveva subito un violento incendio, distruggendo l’intero tetto e l’ala laterale più antica, risparmiando solo i saloni più belli.
Ironia della sorte, proprio il castello sull’acqua doveva bruciare…
Mi sentii triste in questo sogno in bianco e nero.
Ma le sorprese non finirono qui, e poco dopo, seguendo un corridoio, mi trovai di fronte ad una scala a chiocciola fantastica. Anche il piano superiore si presentava in tutto il suo degrado. Più di mezzo livello era crollato, lasciando a malapena intravedere quel che restava di alcune stanze. Fra di esse, una bella stanza padronale con sala da bagno molto particolare, era costituita da eleganti armadi a muro e da un grazioso caminetto… un tempo doveva essere splendida!
Lasciai questo luogo con la speranza che un giorno i lavori sarebbero potuti ripartire, riportandolo al suo antico splendore. Ma, ad oggi, non si hanno notizie positive. Un luogo simile non merita di morire così miseramente…
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Classe ’87 e svizzero, Jonathan è uno tra i più famosi autori nel campo “Urbex” e tra i più attivi nel progetto Ascosi Lasciti.
Attratto dalla storia, dalla bellezza estetica, dall’architettura, ha visitato edifici abbandonati in tutta europa.