L’urbex è una moda che sta “prendendo sempre più piede”. E’un fatto ormai assodato e, all’interno di questa passione, si stanno delineando varie correnti: c’è chi fotografa in hdr, chi in bianco e nero, chi predilige i dettagli e chi le foto panoramiche.
Un altra attività molto cara agli esploratori-fotografi è quello di rendere nuovamente abitati i posti abbandonati, fotografando comparse di vario genere. Molte volte sono gli esploratori stessi che si ritraggono mentre stanno esplorando o fingono di fare qualcosa, utilizzando gli oggetti presenti sul luogo. Altre volte, i più intraprendenti realizzano dei veri e propri set fotografici con tanto di modelle, costumi ed attrezzatura scenica trasportata appositamente per l’occasione.
La domanda che può nascere spontanea è “perché si fa tutto ciò?”. E’ già abbastanza rischioso esplorare, per svariate ragioni; figuriamoci se ci si deve portare dietro modelle, truccatrici, costumi ed oggetti. Credo che la risposta risieda nel fatto che, una volta all’interno di un edificio abbandonato ci si possa muovere con estrema libertà più di quanto si potrebbe fare in altri luoghi pubblici . Basti pensare alle foto con costumi bizzarri o con modelle poco vestite.
Molte volte queste immagini lasciano il tempo che trovano. Classiche e scontate. Altre volte invece si riesce ad ottenere buoni shot che riescono a raccontare vere e proprie storie. A mio parere il segreto per la buona riuscita di queste fotografie sta nelle programmazione preventiva dello scatto, che mette il fotografo in condizione di arrivare in location con tutta l’attrezzatura necessaria ed una idea abbastanza precisa di dove e come realizzare la fotografia.
Con questa affermazione non si vuole screditare gli esploratori che si divertono a farsi fotografare, per esempio, sulla sedia del dentista, con l’amico che finge di operare. L’idea è certamente buona, il risultato è a mio parere una fotografia di due esploratori che “giocano a dentista e paziente”. Diverso sarebbe invece il risultato se si fossero utilizzati oggetti e costumi per rendere la scenetta più verosimile.
Proviamo a vedere insieme come realizzare alcune immagini. Non ho la pretesa di salire in cattedra ed insegnare, ma semplicemente mi piacerebbe suggerire un metodo di lavoro e magari in futuro vedere altre foto di esploratori che hanno provato a ridare vita all’abbandono.L’immagine che vedete qui sopra è stata attentamente programmata. Conoscevo, da una visita precedente questa bella villa ed in particolare il lungo corridoio ancora affrescato. L’idea che mi era venuta in mente era di rendere la villa abitata da fantasmi, facendoli transitare lungo il corridoio, come se si stessero radunando per qualche oscuro motivo. Avendo già in mente la foto che volevo, la realizzazione è stata lunga ma relativamente semplice. Tenete presente che, oltre a scattare la foto, ho interpretato io stesso tutti i fantasmi.
Interpretare i soggetti, oltre a scattare, crea non poche difficoltà in più, ma anche maggiori soddisfazioni. Vediamo come ho realizzato l’immagine: ho posizionato la macchina sul cavalletto e fatto alcuni scatti di prova per verificare l’esposizione e la composizione dell’immagine (logicamente mi sono potuto basare solo sugli elementi strutturali della stessa, i fantasmi sarebbero venuti dopo).
Conoscere approfonditamente l’ambiente e sapevo in che punto del corridoio volevo posizionare i fantasmi ma sapevo anche che ci sarebbe stato un certo grado di aleatorietà nella definizione della loro posizione. A questo punto tutto era pronto per eseguire gli shot. Ho indossato un vecchio lenzuolo ed ho realizzato una fotografia per ogni fantasma, poi a casa con Photoshop ho unito i vari scatti ed ottenuto il risultato che avete sotto gli occhi.Anche quest’altra immagine nasce da un’idea che avevo in mente da tempo. Ero a conoscenza dell’esistenza di un vecchio asilo abbandonato e sapevo che tra le varie forniture c’era un grosso e vecchio televisore. L’idea era quella di impersonare un coniglio che guardava in tv un suo simile e creare immagine surreale, fantastica e che spingesse l’osservatore a costruirci sopra la propria storia.
La realizzazione è basata sulla stessa tecnica di quella dei fantasmi, pertanto macchina su cavalletto e vari test per esposizione e composizione. Poi ho indossato la mia “divisa da coniglio” (abito nero più maschera) ed ho preso posizione sulla sedia creando la prima parte della fotografia. Successivamente mi sono sdraiato per terra inserendomi nella scatola vuota del televisore ed ho scattato la seconda parte della fotografia. A casa ho unito le due immagini e terminato il ritocco della foto finale.
La programmazione di queste foto è fondamentale. Tenete presente che, a volte, l’accesso a questi luoghi abbandonati non è agevole e pertanto occorre limitare al massimo l’attrezzatura ed il materiale scenico. Capirete da voi quindi come l’aver bene chiaro nella testa cosa si vuole fare sia importantissimo. Non è possibile fare urbex portandosi dietro valige piene di costumi, abiti ed accessori.
La scelta su cosa portare va fatta in fase di ideazione del progetto e deve essere molto accurata al fine di non avere la brutta sorpresa di non poter scattare una foto perché si è dimenticato di portare qualcosa. Non a caso, prima di visitare una location, la studio osservando foto degli altri esploratori, poi inizio a costruire nella mia testa la storia, con personaggi e situazioni che si addicano all’ambiente. Una volta ideato il personaggio e definito cosa farà e dove, si passa alla parte pratica di raccolta e realizzazione della scenografia.
Il gioco è tutto qui. Definito il progetto e raccolto il materiale occorre solo recarsi sul posto e scattare le fotografie. Posso assicuravi che se la fase di programmazione è stata ben fatta la fase di scatto è relativamente semplice e “fila liscia” senza troppi intoppi.
(Soggetti : Alba Pasini, Alessia Amoruso, Alice Viganò, Claudia Zecchini, Ally, Stefania Veneri, Vivian Lemarchande)

Classe ’80. Tipo eclettico e poliedrico, si interessa di cultura generale. Appassionato dal 2003 di fotografia e dal 2006 di urbex, partecipa attualmente a numerose mostre fotografiche individuali e di gruppo. Fra i primi autori di Ascosi Lasciti, da anni, sfrutta la fotografia per viaggiare attraverso l’Europa e la scrittura per viaggiare dentro di sé.