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ARCHEOLOGIA INDUSTRIALESPECIAL EDITION 💣TOSCANA urbex

Quanto ancora il vento soffierà?

Articolo di Febbraio 14, 2017Maggio 4th, 2018Nessun commento

“Penso alle vite che oscillano come su di un pendolo, poi mi metto in castigo nel mio angolo. Ed aspetto che su questa terra abbandonata, germogli una bellissima giornata, che sciolga la neve caduta sul mio sorriso: vorrei che questo fosse il paradiso…” Caparezza
polverificio-pallerone-urbex-toscana-fabbriche-abbandonate-8Ogni anno, in un sereno pomeriggio alle soglie della primavera, amo andare al lago per volgere lo sguardo sulla sua superficie opaca e quiete. Mi aiuta a specchiarmi, non come individuo singolo, ma da uomo, da specie rappresentante questo insolito pianeta.
Mi facilita a riflettere sui passi da Gigante che l’umanità ha saputo compiere nell’anno in corso e in quelli antecedenti.
Penso agli antibiotici, che mi hanno salvato da morte certa e han impedito alle mie forme di essere evanescenti in questo specchio d’acqua.  Grazie alla medicina, a me e ad altri milioni di persone è stata donata almeno un’altra primavera.
Penso alla tecnologia che è riuscita a sublimare amori di poli opposti e distanti anche una dozzina di meridiani. Le comunicazioni avvicinano i cuori e allontanano, seppur lentamente, le guerre.
Penso ai diritti conquistati dalle donne e dalle minoranze dei Paesi.

Abbiamo tutti una visione ciclica e pessimistica della storia.
E’ vero, corruzione e malavita corrodono ancora gli Stati, da dentro; le guerre, dall’esterno.
Ma se ci fermiamo a pensare bene, queste spirali che l’umanità disegna nel tempo non riportano esattamente al punto di partenza. Salgono verso l’alto come un granello di polvere che danza nel vento.

Una bottiglia di plastica sulla superficie, accartocciata e vuota, trafigge la mia immagine specchiata, spaccandola in due, e va ad urtare una bellissima margherita sul bordo dell’acqua.
E’ un pugno in faccia ai miei pensieri positivi. Così, realizzo per l’ennesimo anno consecutivo, una dura realtà:
abbiamo conquistato, almeno in occidente, la libertà di parola. Una democrazia così ben salda da permettere il diritto di inneggiare contro “il re di turno” e persino contro la democrazia stessa.
Abbiamo ottenuto la parità di genere e ideologie. Abbiamo appianato le disparità tra handicap e normalità.
Ma cosa abbiamo fatto per l’ambiente?

C’è un’enorme falla nel veliero del “Primo Mondo”:
l’equipaggio sembra più felice, pulito e in salute, ma la nave no. La Nave è sporca, trascurata. Le vele sono logore, strappate, non si gonfiano più a dovere. Riescono a muovere il mezzo solo perchè il vento soffia ancora forte.
Ma, quando questa brezza favorevole cesserà…

Quest’anno la mia riflessione ha un aspetto più sporco del normale.
Non sono davanti al solito lago, bensì un’enorme pozzanghera formatasi dopo giornate di pioggia incessanti. La mia immagine riflessa non è incorniciata dalla solita boscaglia incolta ma da strutture fatiscenti, piene di amianto.
Mi trovo a Pallerone, frazione del comune di Aulla.
Impossibile non vedere, passando per la strada principale, l’ex area del polverificio: chilometri di edifici abbandonati e polvere, una fabbrica con svariati macchinari arrugginiti ed una tratta ferroviaria.

Cinquantamila tonnellate di rifiuti, raccolte dal 1997 al 2002, furono riversate in questa zona. Il comune non riuscì ad opporsi alla macchiavellica arte della “conversione di monnezza in oro”, così le due ditte fallimentari Cjmeco e Cincillia si appoggiarono all’ex area industriale di Pallerone per i loro depositi “temporanei” di rifiuti tritati e compressi in “eco-balle”; con loro, migliaia di pneumatici usati.
L’operazione di riqualificazione della zona “Pallerone 2000” si rivelò un gigantesco flop e, così, la regione Toscana chiese un risarcimento milionario al comune di Aulla, rischiando di mandare in bancarotta quest’ultimo.
Nel 2015 il comune riuscì ad aggrapparsi alla burocrazia con le unghie e con i denti per salvare le sue casse e i progetti già partiti di riqualificazione dell’area inquinata che, ad oggi, è stata parzialmente bonificata.
Restano però ancora quintali di amianto rotto tra le pozzanghere di una terra colpita da scandali e alluvioni.

Questo è solo uno dei tanti disastri ambientali che passano inosservati, sia all’opinione pubblica, sia alla giustizia italiana e mondiale, che mantiene pene così poco severe in materia, da non scoraggiare la benché minima azione criminale che “commuta sporcizia in dollaroni“.
Eppure, per essere angeli non servono le ali, basterebbe essere più uomini e meno animali.

Foto di Emanuele Bai, Testo di Davide Calloni

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