La nostra esplorazione di oggi ci porta nel modenese.
Ci diamo appuntamento, con altri curiosi, proprio al di fuori dei grandi capannoni nella zona industriale, che una volta ospitavano il prestigioso marchio italiano delle macchine veloci.
Fondata proprio qui, a Modena, nel 1959, da un italo-argentino, la fabbrica vide la realizzazione di numerosissime vetture: da esemplari unici a qualche vettura utilizzata in Formula Uno.
Ci furono poi le vetture “gran turismo”, realizzate insieme alla ford, la mangusta e la pantera…tutte macchine che portarono il marchio ad essere conosciuto in tutto il mondo.
I capannoni della ex fabbrica-deposito sono due, sventrati da entrambe le parti. Non ci riesce difficile entrare.
Nel primo hanno razziato tutto, non resta nulla, se non qualche inventario e brochure buttate qua e là.
Un po’ delusi ci avviciniamo al secondo, ma lì, finalmente, troviamo qualcosa per cui sia valsa la pena il viaggio!
Ci sono tre scocche, in fila, lasciate una vicina all’altra. Hanno portato via il resto, quello che si poteva rubare: gomme, cerchi, volanti, sedili. Fortunatamente, Loro, sono rimaste lì immobili, in penombra, evidenziate da una luce tutta loro, uno spettacolo tutto da fotografare!
Al centro della stanza, resta una scocca in resina rossa. Lessi, in seguito, che essa era l’unica auto ad avere un telaio monotrave in alluminio, per collegare l’avantreno al motore posteriore-portante, e una carrozzeria in fibra di vetro, che rendeva il tutto leggerissimo. Il modello poteva arrivare ad una velocità di 215 km orari.
In fondo alla stanza ci sono ancora molti documenti, anch’essi tutti da immortalare.
Sono tutti ordini di ricambi pezzi, pelopiù spediti all’estero, e cerchi, paraurti, fanali, tutte componenti davvero costose; anche un solo cerchio arrivava a costare 5 milioni delle vecchie lire.
La produzione è continuata fino agli anni novanta, dando vita a circa 40.000 macchine in totale.
La ditta produsse, insieme alla Jaguar e la Maserati, macchine di lusso come la Longchamp e la Deauville, produsse insieme al marchio Bertone le mini innocenti De tomaso.
Alla morte del suo fondatore l’amministrazione passò alla moglie e al figlio, e di mano in mano, da un’azienda russa, al grande Pininfarina di Torino.
Cercarono in tutti i modi di salvare la vita dell’attività: fu anche presentato un nuovo modello alla fiera di Ginevra del 2011, ma l’impresa fallì per i costi troppo elevati da affrontare.
Le ultime notizie che trovo sul web sono che il marchio è stato venduto a un’azienda di Hong Kong, ma, al momento, non è stato fatto nessun piano di recupero. Dunque, nessuna speranza di far rivivere queglì anni: gli anni delle macchine veloci.
Così si conclude la nostra visita: non poteva mancare una foto di gruppo, proprio vicino a quello che rimane delle tre scocche. Si ritorna bambini, di fronte a questi prototipi abbandonati e, in fondo, chi non avrebbe voluto guidare uno di questi bolidi veloci.

Romagnola di nome e di fatto, mi definisco una persona curiosa.
Fin da piccolina mi hanno sempre incuriosito i posti abbandonati e le storie.
La fotografia è arrivata col tempo, con i viaggi in solitaria che ho fatto e le persone che ho incontrato.
Ho incominciato a fare urbex da sola, e la ricerca, le storie di chi ci ha abitato, l’emozione che si prova ad entrare in questi posti dove il tempo si è interrotto, mi continua a dare emozioni ancora oggi.
Navi fantasma, treni, carria armati, monasteri, ville, manicomi, ma le mie preferite restano le chiese, e soprattutto la famosa chiesa blu.