“Solo la musica è capace di trasportare l’anima verso mondi sconosciuti”
La prima volta che visitai questa villa abbandonata era il 2012.
Ero di ritorno da un tour ed era già tardo pomeriggio. Essa si trovava in un piccolo paese, nascosta da una folta vegetazione.
Le siepi erano cresciute così tanto da ricoprire buona parte della facciata e da ostruire e nascondere la scala che porta al portone d’ingresso. In compenso, a sinistra, la porta del garage era socchiusa.
Ritorno per una visita più approfondita.
Siamo in un quartiere residenziale. Davanti alla villa c’è una casa abitata. Penetro velocemente nel giardino e mi nascondo nel garage.
Parcheggiata all’interno c’è una polverosa automobile bianca un po’datata; sembra ferma da tempo. Eppure trovare una casa abbandonata con ancora l’auto in garage mi inquieta, è come se i padroni di casa fossero ancora qui…
Nel garage c’è una porticina aperta che porta nelle cantine della dimora. Si sente il brusio di (si, sono sicuro) un congelatore ancora funzionante. Sale la tensione anche se scopro che si trattava solo di un’impressione. Salgo le scale che portano al pian terreno. Ogni mio passo nel buio è incerto, mi manca quasi il respiro. Mi sento inghiottito da questa misteriosa villa. Non mi sento solo e questo dubbio non mi fa sentire a mio agio. Non mi sento accolto da questo luogo, voglio solo andarmene, ma la mia curiosità me lo impedisce.
L’ingresso della villa è abbastanza spoglio, il portone a due ante incatenato cigola ai soffi d’aria come per ricordarmi che da lì non si esce. Una porta a sinistra mi conduce in una stanza caotica con un camino, alcuni mobili di Art Dèco ed alcune sedie imbottite sparse in giro. Presumo fosse la sala da pranzo, siccome poi si passa tramite una grande porta a vetri, in un soggiorno ricoperto da boiserie di noce e carta da pareti fiorata.
È buio, e per istinto premo sull’interruttore della luce. Un grande lampadario si accende illuminando la stanza.
Appaiono quadri alle pareti, poltrone, e un harmonium fra sacchi dell’immondizia colmi di scartoffie e abiti vecchi.
Con la luce dei lampadari sconfiggo il buio ma in compenso la sensazione di disagio aumenta.
Voglio andarmene, ma ancora una volta la voglia di esplorare mi fa passare alla stanza successiva, una bella biblioteca arredata seguita da una cucina relativamente moderna, e poi una seconda sala da pranzo arredata e colma di eleganti porcellane e oggetti di vita quotidiana.
Salendo le scale, una pendola vuota mi fissa dal pianerottolo, sembra quasi dirmi che non c’è più tempo ed è ora di andarmene. Le pareti son cosparse di moltissimi quadri e il primo piano si rivela pieno di stanze da letto arredate, ma purtroppo estremamente caotiche a causa degli sciacalli che sono passati tempo prima. La villa è davvero bella, ha fascino, ma il gran disordine m’impedisce di fotografarla come si deve. Ho ancora poco tempo prima di sera, e in fondo al corridoio mi manca ancora una stanza.
L’ultima stanza mi lascia di stucco: la stanza della musica.
Anche qui c’è disordine, e fra i mucchi di libri buttati a terra ci sono ben 3 strumenti: un pianoforte a coda, uno da parete ed infine un organo. L’atmosfera di questa stanza è magica e mi sento per un momento quasi sollevato fra i fiori della carta da parati e i tendaggi di velluto blu, ma questa sensazione presto si tramuta nuovamente in tensione.
Me ne vado, con tanta emozione ma poche foto, e quando finalmente esco non mi sento più oppresso da quelle mura.
Tornando a casa mi prometto di tornarci.
Ritorno un anno dopo, ma la proprietà è stata completamente sigillata.
Non mi arrendo e, riprovo nel giugno del 2016.
Gli alberi questa volta sono ancora piu grandi e il parco soffoca l’intera villa. L’ingresso questa volta è dal retro. Attraverso il parco ed entro dalla lugubre veranda fatiscente ricoperta da una nodosa glicine rinsecchita.
Penetro nuovamente in questa casa e la sensazione è la stessa di 4 anni prima.
Gli interni sono cambiati, quadri, suppellettili e porcellane sono spariti, i lampadari in parte rubati.
Provo a cercare la storia dei suoi proprietari fra le scartoffie, per interpretare meglio la mia sensazione di disagio ma, ahimé, questa dimora sembra conservare molto bene il segreto di chi ci viveva.
E, ancora una volta, m’implora di andarmene…

Classe ’87 e svizzero, Jonathan è uno tra i più famosi autori nel campo “Urbex” e tra i più attivi nel progetto Ascosi Lasciti.
Attratto dalla storia, dalla bellezza estetica, dall’architettura, ha visitato edifici abbandonati in tutta europa.