“Non è morto ciò che in eterno può attendere, e con il passare di strane ere anche la morte muore” Abdul Alhazred
Ho sempre svolto il mio lavoro con meticolosissima cura.
Non ho mai mancato un appuntamento, mantengo sempre le promesse e tutti sanno che il giorno in cui dovrò venire, arriverò. Senza ritardi, senza tentennamenti né indugi. Nulla mi ha mai fermato. Niente ha mai tardato il mio operato. Ho passato tutta la mia esistenza con la schiena piegata e la falce tra le mani. Non ho mai smesso di lavorare, mai… nemmeno per un giorno, nemmeno per poche ore… mai fatto ferie, mai preso permessi, mai un secondo per riprendere fiato. Lavoro e sudore che è scivolato perennemente sulle mie quattro ossa senza mai riuscire a farmi desistere. Sono infaticabile, inarrestabile.
La mia dedizione al lavoro ed il fatto che portassi sempre a termine il mio compito, hanno accresciuto la mia fama in un modo non propriamente invidiabile. Tutti mi temevano, mi fuggivano o cercavano di tenermi alla larga, ma non c’è mai stato nessuno che mi ha resistito.
Ho sempre ottenuto i miei tributi, sempre raggiunto lo scopo. Me lo ricordo molto bene, quando qualcuno sentiva il cigolare della mie quattro ossa, subito sulla sua pelle scivolava una goccia di sudore. In molti mi hanno pregato, ma io mi sono sempre comportato con giustizia facendo il mio lavoro. Alcuni hanno avuto il coraggio di sfidarmi, tentando di battermi in abilità ed astuzia, ma non sapevano che io sono un infallibile giocatore di scacchi, la strategia è il mio forte, e non ho mai perso.
Sul mio conto hanno inventato storie, racconti, filastrocche, film e molto altro, ma parole e fantasia non fermano chi come me è concretezza pura. Sono stato temuto, disprezzato ed odiato, eppure il mio comportamento è sempre stato retto e ligio: ho sempre trattato tutti nella stessa identica maniera. Non no mai dimenticato nessuno né il povero né il ricco; mi sono ricordato di tutti: del megadirettore e dell’ultimo degli impiegati.
La mia fermezza sul lavoro, la volontà di ferro, la precisione sono state la mia condanna. Ho svolto il mio lavoro meglio di chiunque altro, lo ho svolto troppo bene e ciò è stata la mia fine e rovina.
Mi resta poco tempo ormai, poi per me sarà la fine. Mi aggiro per il mio mondo ormai deserto, qui non vive più nessuno, qui regna il caos silenzioso. Provo malinconia per il mondo passato, quando qui c’erano uomini che andavano e venivano, che trattavano, che acquistavano e vendevano. C’era gente che piangeva e gente che rideva. Ho svolto troppo bene il mio lavoro, ed ora è venuto per me il momento di svanire nel nulla.
Annichilimento, questa è stata la condanna per il mio aver lavorato troppo. Alla fine la mia esistenza è stata un fallimento. Sapete quando è iniziato ad esistere l’universo? Quando gli uomini hanno iniziato ad averne coscienza. Nulla esiste al di fuori della conoscenza, tutto inizia ad esistere nel momento in cui un essere senziente lo scopre o lo percepisce.
Ecco perché il troppo lavoro mi ha condannato. Perché io sono la Morte, e oggi sto per prendere l’ultimo essere vivente del pianeta. Non ci sarà più nessuno che mi teme, nessuno che mi sfugge, nessuno cosciente della mia esistenza. Quando tutti saranno morti, anche la morte morirà. Temo questo momento, temo il vuoto ed il nulla che ci sarà dopo, ma la mia natura è inarrestabile, devo sempre portare a termine il mio lavoro.
Ed ecco l’ultimo vivente davanti a me e la mia falce che cala inesorabile.
VUOTO. SILENZIO. BUIO.

Classe ’80. Tipo eclettico e poliedrico, si interessa di cultura generale. Appassionato dal 2003 di fotografia e dal 2006 di urbex, partecipa attualmente a numerose mostre fotografiche individuali e di gruppo. Fra i primi autori di Ascosi Lasciti, da anni, sfrutta la fotografia per viaggiare attraverso l’Europa e la scrittura per viaggiare dentro di sé.