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Si era cominciato a parlare già dalla metà dell’800 dell’esistenza di un misterioso e gigantesco cimitero collettivo, dove gli elefanti da millenni si recherebbero per morire.

Questo luogo, il cimitero degli elefanti, descritto come una sorta di santuario segreto, nascosto nei più profondi recessi dell’Africa Nera, è uno dei miti più durevoli relativi al periodo d’oro delle esplorazioni e della caccia grossa. Si trattava di un vero e proprio Eldorado africano, in cui l’avventuriero abbastanza coraggioso avrebbe trovato un tesoro indicibile: la grotta, o la valle inaccessibile, assieme agli scheletri degli elefanti contenevano infatti una tale quantità di avorio da rendere ricco sfondato chiunque l’avesse scoperti.
Ma trovare un simile luogo, come esige ogni leggenda che si rispetti, non era certo facile.
Chi vi era giunto, o non era più tornato indietro… oppure, non sapeva ritrovarne l’entrata.

Si raccontano storie di cercatori che si erano messi sulle tracce di un elefante vecchio e malato, distaccatosi dal branco, e l’avevano seguito per giorni sperando che li conducesse all’agognato cimitero; salvo poi accorgersi che l’animale li aveva guidati in un enorme cerchio, per confonderli, ed essi si erano ritrovati al punto di partenza.
Secondo altre versioni, il fantomatico ossario sarebbe stato considerato dagli indigeni un luogo sacro. Chiunque vi si fosse avvicinato, anche casualmente, avrebbe dovuto fare i conti con i temibili guardiani del cimitero, un gruppo di guerrieri capeggiati da uno sciamano, che proteggevano l’entrata al santuario.
Quella del cimitero degli elefanti, menzionata anche da Livingstone e circolata in Europa fino ai primi decenni del ‘900, è per l’appunto una leggenda. Ma da dove nasce? È possibile che il mito affondi le sue radici in qualche tipo di realtà?

Per alcuni, il cimitero degli elefanti non esiste. Per altri si tratta di posti diversi, a seconda dei gusti personali.
Ed è qui che arriviamo a me.
Brocante, in italiano “rigattiere”. Un luogo che conosco molto bene, essendo io appassionato di arte e antiquariato, è un luogo dove spesso si possono fare ottimi affari ad un prezzo ragionevole.
La visita alla brocante é una mia abitudine. Uno dei “negozi” che considero più interessanti  e dove riesco a passare intere ore a frugare. Qui si possono trovare veri tesori fra un sacco di polvere e centinaia di oggetti spesso ammassati in stanze piccolissime nelle quali si fa quasi fatica a camminare per mancanza di spazio.

La Brocante che andrò a visitare é abbandonata. Un cimitero delle brocanti, potrei definirla. E si trova in Francia.
Si tratta della più grande collezione di oggetti antichi nel nord della Francia per un totale di oltre 25000 pezzi.
Questa straordinaria collezione raccoglie gli oggetti quotidiani della civiltà contadina e agricola, il lino, il latte, il burro, i mestieri d’artigianato presenti nella regione, le feste e le tradizioni religiose.
Si tratta veramente di una collezione straordinaria, così tanto da diventare, più che brocante, un vero museo.

Il proprietario che ha passato l’intera vita a raccoglierli ed acquistarli conosceva la singola storia di ognuno di essi.
Una raccolta di oltre 600 padelle e paioli, di tutte le marche di lescive e tutti i modelli di lavatrici e ferri da stiro d’epoca.
Cucine e stufe dalle case di contadini alle cucine di ricche dimore raccontavano lo svolgimento della vita casalinga e quotidiana. Ben presto divenne un emblema della regione e il museo che aprí nel 1987 si riempì subito di visitatori.

Dopo la morte del proprietario, nel 2000, tutto si ferma e la casa e i suoi tesori vengono sigillati.
Il lavoro di una vita, non smette mai di aspettare una sua rinascita. Ma ora, dopo 16 anni dalla morte del suo creatore nulla si é smosso.
Un “mucchio di spazzatura” per alcuni e un “patrimonio inestimabile” per altri.

In seguito alla chiusura è cominciato il deterioramento degli immensi capannoni lasciando centinaia di oggetti nella mani del degrado e delle intemperie, laddove il tetto si é sbriciolato.
Oggi é considerato “il cimitero degli elefanti
Oramai un luogo irrecuperabile, e solo per lo studio e parte del restauro dei pezzi ancora recuperabili al suo interno occorrerebbero oltre 2 milioni di euro.
Purtroppo, nel corso degli ultimi anni, gli oggetti più belli e pregiati che si sono salvati dalle ingiurie del tempo sono stati rubati e portati via.

Entrare in questo luogo é relativamente facile, leggermente fuori dal piccolo nucleo di case e nascosto da una foresta si riesce ad entrare dal giardino di questa piccola villa contornata da immensi capannoni, tutti aperti da ladri e sciacalli che hanno già provveduto a portare via il meglio.

Varcare il portone del capannone adiacente alla villetta corrisponde ad entrare nella caverna di Alibabà.
Rimango senza parole: mai e poi mai ho visto un luogo come questo e di questa tipologia.
Da accumulatore compulsivo quale sono, tutto ciò mi fa’ molto male. Sembra un po’ come se questi oggetti fossero stati abbandonati due volte; da un altro lato, sono estasiato dall’atmosfera unica del posto.
Fra centinaia di stufe arrugginite crescono a alberi e arbusti, migliaia di oggetti come radio in decomposizione, porcellane screpolate e bambole malconce che fissano ancora il visitatore con i loro occhi vitrei.
Man mano che percorro i capannoni cambiano le raccolte, dopo le stufe ci sono carri, carretti e carrozze nonché selle e briglie per i cavalli, poi macchine da cucire pendole, carrozzine e un intera bottega del calzolaio con tutti gli atrezzi da lavoro. Sembra non finire mai…

I dettagli da fotografare sono infiniti e di grande bellezza, ma anche la villetta riserva stanze colme di quadri, documenti e fotografie incorniciate. Resto mezza giornata e oltre in questo luogo unico.
Me ne vado con la certezza di essermi sicuramente perso molti particolari e con la tristezza nel cuore….

….un assassinio alla memoria della civiltà locale!

Se il cimitero degli elefanti ha stuzzicato la tua curiosità, ecco una lista di fabbriche abbandonate. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati in giro nel Mondo?

L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.
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