La pediofobia è definita come paura persistente e ingiustificata per le bambole, i fantocci o qualsiasi forma inanimata umanoide. In quest’ultimo caso si può arrivare a parlare anche di “automatonofobia”, ovvero il terrore per i robot, le statue di cera e tutto ciò che ha fattezze di essere vivente…. senza esserlo.
Le due paure possono coesistere, per quanto la prima sia indiscutibilmente più comune.
La pediofobia è assai presente tra i bambini. Motivo per cui, almeno nella fase puerile, non può essere considerata un vero disturbo della psiche. In alcuni casi, tuttavia, essa persiste oltre la pubertà e diventa patologia.
La si può scoprire in alcuni frangenti. Per esempio, quando i figli vedono i personaggi televisivi personificati da attori in costume.
Ore di fila, giorni di viaggio e stipendi buttati per portare i vostri figli nel loro parco a tema? Il risultato può essere un bel trauma con ore di pianto e musi lunghi.
Paperino, Peppa Pig, Tòtoro o i Teletubbies. Non importa che il personaggio abbia fattezze inquietanti. Movimenti bruschi di queste pelose creature, più grandi dei genitori e quindi enormi pericoli per i loro occhi, possono scatenare il segnale: un pianto improvviso e isterico.
Queste paure sono il riflesso di una leggera immaturità emotiva. È importante non forzare il bambino ad affrontarle con terapie d’urto, ma lasciare che tutto passi autonomamente.
In una percentuale minore di situazioni, le piccole bambole possono continuare a terrorizzare ingiustificatamente anche in età adulta; e solo qui si può parlare realmente di pediofobia.
Traumi non superati. Vi sono adulti che, dopo un urto emotivo di qualsivoglia natura, legato o meno a questo tipo di figure inquietanti, dopo l’infanzia continueranno a temere le marionette, i fantocci di pezza, i pupi siciliani o, più spesso ancora, le bambole in porcellana e i pupazzi da ventriloquo, poichè quest’ultimi richiamano espressioni verosimili e sono realizzati con materiali più realistici.
Alcuni sostengono con convinzione di aver percepito chiaramente in età puerile le loro bambole prendere vita e muoversi da sé, durante le ore notturne. E sebbene da adulti capiscono bene l’infondatezza dei loro timori, non riescono a metterli da parte facilmente. Anzi. La paura di vedere muoversi gli occhi del burattino non ve la negherebbero mai, leggendo queste righe.
Come viene curata? Questo specifico disturbo fobico viene trattato prima con la psicanalisi, la ricerca e la catarsi dei traumi scatenanti, dopodiché avviene l’esposizione graduale dell’oggetto in questione. Vengono utilizzati una serie di piccoli peluche fino ad arrivare ai più temuti giocattoli. Alla fine del trattamento è possibile che il paziente perda totalmente la paura, al punto da poter portarsi a casa una di queste figure e giocare con essa senza inconvenienti.
Ma veniamo a noi. Esplorando edifici abbandonati, è capitato di imbatterci in incontri con bambole di ogni tipo. Alcune belle e quasi seducenti, altre dall’aria meramente malinconica, per poi arrivare a quelle più spaventose, che scatenerebbero una forte sensazione di inquietudine anche nel più sicuro degli esploratori.
Una fobia contenuta. Nel vero senso della parola.
Che un piccolo frammento di pediofobia sia latente in ciascuno di noi? Che sia sufficiente creare la condizione negativamente ideale per esacerbare questo oscuro angolo della psiche?
Immaginate di dover attraversare un intero edificio abbandonato, pericolante e ricco di possibili insidie. Siete soli, senza compagnia. Aggiungete una scarsa luminosità, dovuta agli scuri chiusi dell’immobile e agli orari in cui solitamente si sceglie di esplorare per non dare nell’occhio. State svoltando l’angolo, le pareti sono ammuffite e puzzano di marcio e chiuso. Virate direzione e, su una sedia, proprio davanti ai vostri occhi, si para questo scenario:
Strutture e Psiche. Secondo l’esperto Frank McAndrew, questo sentimento di ansia altro non sarebbe che un ingeneroso lascito ereditato dai nostri antenati.
Sarebbe un’emozione negativa che risultava utile alla sopravvivenza dei primitivi in situazioni di ambiguità, quelle condizioni incerte tra scoperta e minaccia. Un’emozione spiacevolmente utile a tenere alto il nostro stato di vigilanza. “Fuggo o lotto? Non conosco le abilità del mio avversario, quindi meglio fuggire!”
Così, certe bambole ci metterebbero a disagio perché in grado di innescare questo meccanismo ancestrale: ci sembrano vive ma, allo stesso tempo, sappiamo non esserle.
Immaginiamo di unire tutto questo ad un’ulteriore situazione pericolosa quale l’esplorazione di edifici ignoti e potenzialmente pericolosi….
Una seconda interpretazione. Questa sensazione di disagio potrebbe derivare anche da altro: certi pupazzi hanno tratti molto realistici, uniti ad altre caratteristiche ben lontane dalla somiglianza con comportamenti umani. Questi potrebbero essere percepiti come “sbagliati”, ad esempio i movimenti troppo meccanici degli arti, gli occhi che seguono il movimento del corpo senza nistagmo.
Si tratterebbe di un essere “malato”, da scartare e da scansare. Basti pensare alle tante persone vive, con problemi psichiatrici e somatici. Schizofrenici o persone deformi. Sindromi rare e distonie motorie.
Fino ad un secolo fa’, tutte queste patologie non erano ben viste dalla società e causavano all’individuo che le possedeva una vita doppiamente amara : additate come possedute, come malvagie e pericolose veniva emarginate, recluse e torturate.
Domanda “da un milione di Freud”. Qualsiasi sia l’origine della pediofobia, l’esplorazione di edifici abbandonati (con relativo rinvenimento di bambole) sarebbe in grado di causare l’insorgere di queste malattie? La risposta è Ni.
No, se la considerassimo una causa.
Ma non bisogna scordarsi che le fobie si evolvono. Muoiono, rinascono, mutano, si affievoliscono o si ingigantiscono in relazione al background emotivo.
Quindi la risposta alla domanda può essere un “Si“, se interpretassimo tutto ciò come un mezzo, un ponte di collegamento tra la razionalità dell’Io e l’irragionevole inconscio.
Se volete vivere con noi, attraverso foto e racconti, gli incontri con queste bambole, nei diversi edifici abbandonati che abbiamo esplorato, qui avete l’imbarazzo della scelta.
Se vi siete incuriositi all’esplorazione urbana, potete approfondire qui l’argomento.

Co-fondatore del progetto Ascosi Lasciti e dell’omonima associazione culturale. Laureato all’Università di Genova e specializzato a quella di Verona e Pisa. Appassionato di fotografia e innamorato della scrittura, in queste due vesti ha organizzato mostre, curato articoli di quotidiani e pubblicato libri a tema Urbex.