In cima ad una delle tante salite che si innalzano dal centro storico di Napoli, in una zona in cui la fitta giungla edilizia comincia leggermente a diradarsi e si apre qualche sporadico angolo di verde, giace un antico convitto gesuita del XVIII secolo.
Divenuto temporaneamente ospedale per le malattie infettive, riassunse la propria funzione originaria prima di essere convertito in un istituto tecnico-industriale, attivo finché, negli anni Ottanta, l’edificio finì in disuso e abbandonato.
Pur depredato dei beni di valore che conteneva, il convitto è rimasto quasi inesplorato fino ad oggi: pochi graffiti, pochissimi resti di pernottamenti abusivi, ad oggi nessuna foto in rete scattata da appassionati di urbex. Superato un muro di vegetazione alta (e spinata!) si raggiunge la porta principale, che non presenta sbarramenti. Il primo scenario che si propone all’ingresso è un affresco, stranamente rimasto integro e non trafugato.
Per non rovinare il piacere della scoperta, non mi sono informato preventivamente sulla storia del posto, salvo poi scoprire che quarant’anni prima ci aveva lavorato come vicepreside un mio prozio (conosciuto per caso dopo la visita!). E a dire il vero l’esplorazione di questo luogo riserva qualche brivido anche per i meno impressionabili e gli immuni al fascino gotico-romantico: poco dopo l’ingresso, si distende un labirinto di lunghi corridoi, attraversati solo da qualche raggio di luce. L’atmosfera è cupa: soffitti crollati, calcinacci ovunque, stanze completamente buie, porte e infissi arrugginiti o distrutti.
La nostra prima tappa sono gli scantinati, quindi raggiungiamo i piani superiori. Un’ala laterale del piano terra nasconde un maestoso teatro, mentre più in alto si trova una splendida cappella, parzialmente crollata.
Man mano che si sale sembra peggiorare lo stato di pareti e pavimenti, le scale sono sempre più coperte di detriti e fogliame, la sensazione è quella di avanzare verso i lati più oscuri del convitto. All’ultimo piano si trovano i laboratori di chimica e tornando giù, prima di andar via, scopriamo una scala sul retro del piano terra, che conduce in una stanza privata, anch’essa vagamente straniante.

Derive Suburbane è un progetto di esplorazione degli spazi (extra)urbani dismessi e dell’architettura fantasma, interamente dedicato alla Campania: paesi abbandonati, edifici civili e sacri, archeologia monumentale e industriale, infrastrutture e complessi edilizi.