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Senerchia, dove il tempo è fuori dai cardini

Articolo di Gennaio 15, 2019Ottobre 4th, 2019Nessun commento

Quando faccio un’esplorazione tutto sembra avere perfettamente senso: pensieri e sensazioni del momento combaciano con le (poche) informazioni preventive di cui dispongo e con le immagini che raccolgo. Solitamente vado via con la pancia piena e il palato soddisfatto. Poi torno a casa, e improvvisamente i conti non tornano: rivedo fotografie altrui e mi accorgo di aver saltato un’area gigantesca del posto visitato, o leggo storie che non si ricongiungono per nulla con quello che è capitato a me. E mi faccio domande. Senza risposte.

Ora, Senerchia è famosa per un dettaglio sopra tutti: l’orologio del paese. Fin qui non c’è molto da scherzare, poiché l’orologio pubblico si è fermato, o meglio è stato fermato allo scopo di ricordare un momento simbolico. Le lancette a Senerchia segnano l’ora di una tragedia: quella del devastante terremoto del 23 novembre 1980, che ha distrutto buona parte del paese alle ore 19:34.

Il passaggio che non mi torna è proprio in questo punto esatto: la suddetta informazione oraria è confermata da tutte le foto reperibili del suddetto orologio di paese. Ora, quello che mi chiedo io è perché nel mio caso, invece, lo stesso orologio, famoso per essere immobile, segnasse le 18:55.

Non essendomene accorto al momento non ho chiesto informazioni dirette. Nelle settimane seguenti, assalito dal mistero, ho provato ad indagare sul web, ma non ho trovato spiegazioni. Così, “il paese dove il tempo si è fermato”, ai miei occhi invece rimanda inevitabilmente ad un’altra formula, la nota citazione dallo “Hamlet” di Shakespeare: “Time is out of joint”, il tempo è fuori dai cardini.

Ignaro di questa discrepanza temporale che avrebbe potuto cambiare le sorti della mia visita e forse della mia vita, ho semplicemente proseguito la visita di Senerchia. Decisamente meglio così: mi sono goduto a pieno un luogo speciale. Il borgo antico, costruito sul fianco di una collina della Valle del Sele e spezzato dal resto dell’abitato proprio a causa del terremoto, conserva l’impianto urbanistico di un tempo: i vicoli tra le case ancora in piedi si arrampicano sulle irregolarità dell’altura, si avvolgono nella natura e si insinuano nel verde fino a scendere nell’imbuto di una piccola vallata, accostandosi al fiume. Per questo percorrere gli ambienti esterni è quasi più affascinante che scoprire gli interni delle case.

In preda all’estasi esplorativa ho vinto la mia costituzionale pigrizia, mi sono improvvisato trekker e ho raggiunto la cima dell’altura sul cui crinale si adagia la parte disabitata di Senerchia. Ma è stato un mezzo fallimento: oltre un panorama degno di nota e qualche scorcio interessante ripercorrendo il sentiero in discesa, non c’era granché da vedere. La chiesa di San Michele, che dal basso prometteva bene, mi è sembrata ricostruita, e per giunta era anche chiusa.

Tornato giù ho completato la visita dell’ultimo segmento del paese che non avevo ancora percorso, sono tornato alla macchina e sono ripartito. Non sapevo che a distanza di mesi un dubbio irrisolvibile sarebbe rimasto a picchiettare sulle pareti della mia testa: cosa è successo all’orologio? Sarà che lo avranno, sempre in senso simbolico, riavviato? Impossibile, visto che segnava le sette meno cinque e io ero arrivato intorno a mezzogiorno, beccandomi anche un caldo intollerabile per essere già prossimi all’inverno. Sono garantiti premi a chi saprà risolvermi l’arcano.

Per altri racconti e immagini di Senerchia, visita Derive Suburbane (clicca sul nome per aprire il link).

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