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MASSERIE, FATTORIE e CASCINE abbandonateTOSCANA urbex

D’olivo e Marzapane

Articolo di Febbraio 14, 2019Maggio 10th, 2020Nessun commento

“E’ uscita da un qualche libro di Esopo. Anzi. Pare opera dei fratelli Grimm.
Non può essere altrimenti.
In qualche fiaba, questa casa deve essere stata immaginata troppo bene per restarvi confinata. Ha scelto di prendere forma fisica e di catapultarsi nella vita reale.”

Situata sopra un colle, “la casetta di marzapane” resta ben esposta al sole ma invisibile allo sguardo.
Questo, grazie agli olivi che la circondano, oltre che a comporla internamente.
Perché dico “comporla”? Semplice: tutto, dalle mura, alle colonne portanti, sono in puro legno massiccio, segato, trattato, rifinito, decorato e intagliato da colui che amorevolmente la trasportò, dalla sua fantasia all’opera che fu.
Trattasi di un artista, scultore e pittore che, stanco di fantasticare su luoghi dove rifugiare le emozioni e realizzare le ambizioni più puerili, decise di invertire un celebre assioma: bisogna rendere le “solide realtà” più vicine ai sogni. I propri.
E, in un certo senso, i sogni di ogni bambino. Anche al “fanciullo” che alberga nell’inconscio del più cinico buisness-man.
Il “piccolo principe” che è in tutti noi.

Ma la Legge degli adulti, si sa, non ammette ignoranza.
Non sempre è giusta. Non sempre errata. E’ solo un tramite per impedire eccessivi relativismi e favoritismi. Serve, insomma, a mantenere l’ordine.
Ci pare spesso peggiore di quella che era. Ci sembra meglio di quella che sta per nascere. Senza renderci effettivamente conto che è spesso migliore di quella precedente. E spesso peggio di quella che sarà.
Fatto sta che la Legge attuale non permette la costruzione autonoma di abitazioni, se non dichiarate. Anche se si trattino, come nel caso in questione, di vere opere d’arte. Nemmeno se vi si fosse rifugiata una famiglia.
Nei casi singoli, solitamente, re-interviene il buonsenso dell’uomo, mettendo sulla bilancia l’emotività e l’utilità contro il rischio, economico e morale.
Qui, le autorità competenti sono state persuase dalla voce dell’artista, con la relativa cerchia di ammiratori, amplificata dal megafono dei media locali.

Risultato? Una casa che doveva essere demolita, è stata solo sgomberata.
Per qualche anno l’artista si è costantemente e amorevolmente recato a far visita furtiva al suo angolo di paradiso emotivo.
Oggi è tutto all’abbandono. Tutto aperto e tremendamente decadente.

Il lungo viale che attraversa gli uliveti del colle, conduce al prato antistante la “dimora dei sogni”.
Lo percorro.
Un piccolo pozzo colorato, alcuni lampioni neri e una cassetta postale in ferro battuto, tutti in stile “londinese”, anticipano l’emozione della scoperta.
Davanti alla casetta in legno, mi cattura lo sguardo un bellissimo forno scavato nella pietra, che ospita sul suo dorso un intero modello di borgo montano in miniatura. Una specie di presepe laico.
C’è una panca rudimentale, sempre opera dell’artista, poco vicino. E’ come se invitasse a sedermi, per contemplare la prima delle tante opere.
Mi accomodo e ammiro questo plastico per modellisti. Scatto qualche foto anche da un grosso foro sull’asse principale del pancale.
Finita la contemplazione del “piccolo”, volgo lo sguardo al grosso complesso abitativo.

Mi trovo davanti alla villetta in legno. Pende su più lati.
Alla sua base, un statua lignea ricavata dal tronco principale di un grosso albero, sembra fissare tristemente la dimora disabitata.
Fin troppo scontato il paragone tra questo quadretto e lo stato d’animo dell’ex inquilino. Per niente banale calarvisi e viverne le sensazioni.
La tristezza va a braccetto con un certo senso di inquietudine.
La casetta è spaventosamente affascinante, come quella che ci immagineremo abitata dalle streghe, e tremendamente simile a quella di un famosissimo Remake Horror.
Date un’occhiata e ditemi se non sia così. (Foto presa dal trailer di “IT”)

Il campanaccio metallico d’ingresso pende da una grossa testa lignea di cinghiale.
La porta è aperta. Anch’essa è in legno massiccio. Anch’essa intagliata e finemente decorata.
Tutto, ma proprio tutto, è curato nei minimi dettagli. Dai tavoli, alle travi. Dalle colonne, alle sedie, fino al frigorifero.
Sopra al grosso camino, che la mia fantasia subito rimanda al forno della strega nella Casa di marzapane, della favola di Hansel e Gretel, giace un busto in pietra che non esiterei definire quasi “animato”.
Sono assorto a scattare foto per rendere giustizia a questo posto meraviglioso. Ma, nonostante sia ragione a guidare ogni mio gesto, di tanto in tanto mi viene istintivo gettare un’occhiata a quella testa in gesso, come a verificare che non apra gli occhi da un momento all’altro.

Una scala di puro legno grezzo mi porta al piano superiore.
E’ pressoché vuoto e tutto di materiale più chiaro, certamente derivante da un altro tipo di albero. Faggio o betulla, probabilmente.
Non posso salire sul terrazzo: sembra cadere solo a fissarlo troppo intensamente.
Peccato. Il panorama su cui si affaccia la “Casa di marzapane” farebbe da cornice a questo bellissimo capolavoro.

Se è vero che siamo fatti della stessa sostanza di cui son fatti i sogni, questa casa non è di legno, ma di marzapane.
Ed io sono il bimbo curioso che la esplora, inconscio dei pericoli, ma desideroso di staccarne un pezzetto, prenderne anche solo un soprammobile.
Proprio come nelle fiabe, il compito mio, e di chiunque la visiti, è di non lasciarsi tentare.
Prendere solo foto, lasciare solo impronte…“e aggiungerei “..oltre a un pezzo di cuore“.

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