Al di là dei confini delle aree urbanizzate si dovrebbe forse riformulare la definizione di ‘urbex’ e pensare a qualcosa come ‘rurex’ (rural exploration), che al cemento e all’asfalto preferisce il verde incontaminato, e che in luogo di materiali artificiali in disfacimento offre scenari bucolici e panorami romantici. Perché l’esplorazione dei luoghi abbandonati non significa solo calpestare calcinacci ed abbracciare la decadenza, spesso è anche una passeggiata immersiva nella natura.
Così stavolta ci siamo messi in cammino (un lungo cammino!) e ci siamo inoltrati in una splendida vallata tra i monti, dove scorre un torrente che, tra piccole cascate e scrosci, alimenta anche una piccola centrale idroelettrica. In questa zona riposano diversi ruderi più o meno intatti di antiche costruzioni risalenti a diversi periodi. Un tempo era una valle ricca di mulini, poi convertiti in fabbriche di vario tipo. Noi abbiamo puntato una cartiera abbandonata, che al suo interno ci ha riservato sorprese ben superiori all’apparenza di misero rudere crollato.
All’ingresso abbiamo subito notato un piccolo dettaglio inquietante, per giunta celato in un canale di scolo: la testa di una bambola! Nonostante il buio che avvolgeva l’edificio, non ci siamo lasciati catturare dalle evocazioni di atmosfere horror perché ci è sembrato, piuttosto, di varcare la soglia di un’altra epoca: questa cartiera è abbandonata da più di cinquant’anni ma la sua attività risale a molti, molti secoli prima.
L’impatto più intenso di questo tuffo carpiato nel passato è derivato dalla scoperta, tra le mura della fabbrica, di numerosi macchinari che risalgono all’Ottocento. Verso la fine di quel secolo le cartiere della zona subirono un declino produttivo per la mancata modernizzazione delle apparecchiature industriali, ma proprio per questa ragione è possibile ammirare macchine così antiche.
In realtà la produzione della carta in quest’area risale addirittura al XIII secolo ed è stata a lungo fiorente, prima di perdere competitività tra il XIX e il XX, e infine interrompersi bruscamente nel 1954, quando una terribile alluvione danneggiò irrimediabilmente la maggior parte delle cartiere.
I macchinari non sono l’unico dettaglio affascinante di questa antica fabbrica: ai piani superiori si trovano uffici ed altre stanze adibite all’organizzazione del lavoro, cucine, e una cameretta azzurra sul cui pavimento abbiamo ritrovato carte e documenti d’ogni tipo, che rimandano agli anni ’20, ’30 e ’40 del Novecento, alcuni con le intestazioni del governo fascista (clicca qui per le foto di alcuni documenti).
L’ultima sorpresa ci aspettava in cima all’edificio: tra scale crollate e accessi murati, non è stato facile raggiungere il sottotetto della fabbrica, ma lì abbiamo trovato i fili metallici su cui la carta veniva stesa ad asciugare, mentre la facciata pentagonale della cartiera, vista da lì, sembrava quella di una vecchia chiesa. L’epilogo ideale per un’esplorazione indimenticabile.
Per saperne di più su questa cartiera e sull’architettura abbandonata in Campania visita derive suburbane (clicca qui).

Derive Suburbane è un progetto di esplorazione degli spazi (extra)urbani dismessi e dell’architettura fantasma, interamente dedicato alla Campania: paesi abbandonati, edifici civili e sacri, archeologia monumentale e industriale, infrastrutture e complessi edilizi.