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AVVICINARSI ALL'URBEX

Panoramica semiseria sull’urbex: gli esploratori

Articolo di Novembre 11, 2019Giugno 12th, 2020Nessun commento

ATTENZIONE : Articolo (auto-)ironico generato dal nostro stesso riflesso in un’acquitrino putrido di una fabbrica abusiva abbandonata. Ogni altro possibile riferimento a persone o fatti del mondo dell’urbex è puramente casuale. (guarda qui se non sai cos’è l’urbex)

Nella prima parte di questa ricerca pseudoscientifica abbiamo sondato e catalogato gli utenti passivi dell’urbex, meglio definiti come il pubblico. Ben più complicata è, invece, una distinzione tipologica tra gli esploratori attivi: è ovviamente tra questi che è possibile riconoscere il maggior numero di sottocategorie.

Qualsiasi tentativo di catalogazione non potrà mai essere esaustivo.
Un criterio univoco di classificazione è pura utopia.
È impossibile distinguere il “tipo A” dal “tipo B” o dal “tipo C”. Ognuno ha un pizzico di A, una manciata di B, una bella dose di C.

Un’osservazione preliminare riguarda la presenza in rete: l’urbexer deve lasciare traccia della propria conquista, deve piantare una bandierina, deve dichiarare al mondo: “Io sono stato qui”, e magari aggiungere: “Ci sono stato pure per primo”, o ancora: “Ho scovato i dettagli più interessanti”, e infine: “Le mie foto sono le migliori in circolazione”. Se i luoghi abbandonati sono campo di battaglia e il terreno di conquista, il web è il Supremo Ente Sovraindividuale che sancisce vittorie e primati (pur attraverso una mera autoproclamazione).

Appare chiaro che il fattore decisivo è anche nell’urbex lo stesso che regola ogni attività umana: il narcisismo. Ma, lo dicevamo nella prima parte del nostro studio, bisogna procedere con ordine. Il focus resta sulla rete di internet: la scelta della piattaforma web utilizzata genera una prima suddivisione, che rispecchia scelte estetiche e velleità artistiche dei protagonisti.

  1. L’urbexer da blog: per lui conta la fotografia quanto il racconto, il suo pubblico dovrà seguire e ripercorrere i suoi passi, attraverso immagini e parole; per questo egli fotograferà interni ed esterni con accurato equilibrio, nel tentativo di restituire una narrazione fedele e coinvolgente del luogo abbandonato appena ‘conquistato’; le sue doti oscilleranno tra una maggiore o minore qualità fotografica a seconda delle abilità con la macchina, e una maggiore o minore eleganza stilistica a seconda delle scuole che ha fatto e della quantità di giorni di assenza dalla scuola in questione – urbex letterario, narcisismo intriso di velleitaria poesia.
  2. L’urbexer da Instagram: HDR, contrasti elevati, talvolta persino vergognosi filtri; culle con ragnatele, ville spettrali, fabbriche cariche di metallo – le loro fotografie alternano dettagli e inquadrature ampie, purché soddisfino i parametri e gli algoritmi che fanno schizzare la visibilità nel social – urbex come esibizione, tag a go-go, narcisismo alto.
  3. Il fotografo di Flickr: l’utente di Flickr è lo snob di questo mondo, non si lascia definire ‘urbexer’, sarebbe riduttivo, la sua fotografia è arte pura, il soggetto delle foto è un mezzo, i luoghi abbandonati sono un tramite di estetica, la foto parla da sola e non richiede innesti verbali – l’ambizione riguarda l’arte per l’arte, il narcisismo è alle stelle.
  4. L’urbexer da Facebook: quel che conta è il risultato, il successo, il bacino d’utenza, il seguito, i grandi numeri; non si perde tempo a mettere in piedi un sito o un blog, a scervellarsi in narrazioni o a smarrirsi in informazioni storiche; ma anche Facebook può significare qualità, non solo quantità – senso pratico e un solo obiettivo: superare il record di follower di Salvini e Shakira.
  5. L’urbexer da YouTube: è il fornitore ideale per il pubblico di “Mistero” (vedi parte 1), normalmente si lancia alla ricerca di presenze soprannaturali, realizza video notturni equipaggiandoli di musiche inquietanti e di sottotitoli che terminano coi puntini sospensivi per alimentare la suspense; costui adora  avventurarsi nei sotterranei, nelle ville ‘stregate’ e nei manicomi – il giorno in cui troverà un cimitero abbandonato non ne uscirà mai più.

Risolte le premesse, non resta che entrare nel dettaglio, mettere a fuoco l’obiettivo e inquadrare singolarmente i ‘tipi dell’urbex’. Si diceva, non c’è modo di fissare un individuo in una categoria univoca, ognuno avrà un grado più o meno spiccato dell’una o dell’altra tendenza. Ma un tentativo di sintesi si può fare. L’insegnamento hegeliano, che personalmente ho sempre disdegnato, indica la via attraverso la dialettica: proponiamo, quindi, sette coppie di opposizioni per cercare di spiegare l’urbex. E chiunque abbia a che fare con questa sottocultura, volente o nolente, dovrà rivedersi in almeno una di esse.

PRIMA OPPOSIZIONE

  1. Principianti urbexer: hanno dalla loro parte l’entusiasmo della novità, sono in grado di visitare otto posti abbandonati in mezza giornata, scalare montagne innevate, sopportare ferite d’ogni tipo – la sera tornano a casa e pubblicano le loro foto storte e sgranate, convinti di condividere capolavori artistici di raro pregio, ugualmente sicuri di essere dei pionieri assoluti di luoghi abbandonati che invece circolano da anni e sono noti persino tra le modelle amatoriali in cerca di sfondi alternativi per i propri shooting.
  2. Esperti urbexer: centellinano le loro esplorazioni con cura, non sprecano energie in ‘vuotoni’ e ‘marcioni’, solitamente disdegnano l’archeologia industriale, selezionano accuratamente soltanto ville e palazzi nobiliari – e semmai qualche principiante, per una volta, avesse davvero scoperto un luogo inesplorato, mentono affermando di averlo già visitato 18 volte ed averlo sempre snobbato senza fare neppure una foto.

SECONDA OPPOSIZIONE

  1. Narcisi competitivi: devono assolutamente ostentare la propria scoperta ma lo faranno con due foto al massimo, pubblicate in un gruppo come anonime ‘anteprime’ per creare suspense e mistero, con l’unico scopo di dimostrare a tutta la comunità di esperti e profani di essere arrivati in quel luogo abbandonato per primi, luogo ignoto a chiunque altro, luogo di cui non rivelerebbero un indizio utile a rintracciarlo nemmeno sotto tortura – eventualmente, se possono, depistano con false informazioni gli altri esploratori.
  2. Narcisi insicuri: non per competizione ma per spasmodico bisogno di condivisione o approvazione, appena ritornati da un’esplorazione sono travolti dal bisogno di pubblicare immediatamente il maggior numero possibile di foto scattate – per loro è come se l’esplorazione non fosse mai avvenuta senza una prova da fornire alla community.

TERZA OPPOSIZIONE

  1. Fondamentalisti preservatori del ‘segreto professionale’: per loro rivelare o sputtanare l’identità di un luogo abbandonato è un peccato capitale punibile con la pena di morte; chiunque osi contraddire questa regola dovrà essere bandito da tutte le comunità urbex della terra, chiunque espliciti una location, che sia anche il nome del paese abbandonato più conosciuto al mondo e presente su ogni mappa e su ogni sito, sarà frustato a sangue e incatenato in una caverna.
  2. Mappatori compulsivi: altrettanto devoti alla propria causa, costoro avvertono la missione divina di ‘diffondere il verbo’, rendendo pubbliche le posizioni di qualsiasi edificio abbandonato esistente; la loro utopia è quella di creare un ‘Upside Down’ di Google Maps, di comporre un archivio completo dell’abbandono, perfetto e senza lacune, un’enciclopedia mastodontica dell’esplorazione urbana, senza lasciare un singolo spazio vuoto nella cartografia mondiale; in sostanza, il loro fine inconsapevole è quello di diventare un’agenzia turistica dell’urbex e trasformarlo in un piacevole passatempo per coppie di anziani.

[Si sconsiglia al pubblico più sensibile, ai bambini e ai deboli di cuore di lasciarsi coinvolgere in una qualsiasi diatriba tra queste due fazioni.]

QUARTA OPPOSIZIONE

  1. Fotografi-urbexer: armati di tre macchine fotografiche, sei obiettivi, due cavalletti, entrano negli edifici abbandonati con zaini gonfi come mongolfiere, spezzandosi la schiena pur di non farsi mancare nulla; entreranno al mattino, usciranno al tramonto, e dell’edificio abbandonato avranno visto solo due stanze su dieci, con sei foto al massimo, visto che ogni stanza richiederà quattro ore e mezza di fotografie, ogni inquadratura circa un’ora e mezza; ma almeno loro non temono i giudizi del pubblico composto di fotografi professionisti (vedi parte 1).
  2. Urbexer-non-fotografi: legittimano la propria condizione affermando che per loro l’essenza pura dell’esplorazione è nell’esplorazione stessa, perché non puoi godere realmente un’esperienza se la vivi solamente attraverso il filtro di un apparecchio digitale – in realtà cercano solo di giustificare la loro incapacità come fotografi, ma ci riescono con un’argomentazione lodevole.

QUINTA OPPOSIZIONE

  1. I legalisti: si illudono di ‘rispettare la legge’ evitando di forzare una porta, di violare un cartello, di far incazzare un contadino che da due chilometri di distanza ha gridato frasi incomprensibili in dialetto; quando entrano in un edificio abbandonato camminano piano, evitano rumori sospetti, non toccano nulla, perché se mai qualcuno dovesse sentirli e chiamare l’esercito, sarebbero pronti a giurare e dimostrare la propria innocenza.
  2. I fuorilegge dichiarati: in nome dell’urbex sono disposti a tutto – posseduti da un istinto inarginabile, manovrati dal demone dell’esplorazione urbana, dimenticano qualsiasi rischio e sono pronti a sfondare portoni, sradicare catene e lucchetti, arrampicarsi su balconi e tetti, pur di entrare in una villa o un convento che hanno puntato da due mesi e ormai non possono più attendere di visitare.

SESTA OPPOSIZIONE

  1. Cultori dell’usato a km 0: sono talmente avanti con l’esperienza che ormai non solo disprezzano ‘marcioni’, evitano edifici storici e snobbano chiesette da quattro soldi, ma si fanno beffe anche di qualsiasi luogo che sia abbandonato da più di un mese, e finiscono per esplorare solo ville private, a loro giudizio ‘abbandonate’ in quanto i proprietari sono andati in vacanza per una settimana e l’hanno lasciata incustodita; un granello di polvere è sufficiente per affermare che ormai non appartenga a nessuno e per macchiarsi di violazione di domicilio.
  2. Cultori del vintage: al contrario dei primi, sono fermamente convinti che il fascino dell’abbandono risieda nel tempo di abbandono – cercano per questo la ruggine e la muffa, ogni segno di decadimento e logoramento, adorano l’archeologia industriale e a casa snifferebbero amianto se solo potessero acquistarne dosi di contrabbando.

SETTIMA E ULTIMA OPPOSIZIONE

  1. “Scassinatori”: per loro non c’è gusto senza un minimo di effrazione; e allora i veri trionfi, quelli che danno la sensazione di essersi guadagnati davvero la pagnotta, o la medaglia, sono quelli legati all’atto di sradicare porte e finestre, rompere vetri, forzare serrature, violare divieti – altrimenti che sfizio c’è?
  2. “Lucchettari”:  la loro missione ufficiale è quella di salvaguardare un luogo ‘sensibile’ da pericolose irruzioni di malintenzionati, ma girano voci che i lucchettatori  non siano altro che scassinatori pentiti; a qualche malpensante piace insinuare che invece questa categoria abbia il solo scopo di impedire ad altri di raggiungere i loro stessi traguardi.

E di qui si potrebbe continuare all’infinito. Ad esempio ci sono gli esploratori urbex pigri, che non vorrebbero sporcarsi nemmeno le scarpe ed entrano solo dove trovano le porte aperte e gli accessi pianeggianti; o ci sono gli aspiranti spiderman, pronti ad arrampicarsi su impalcature, alberi, cornicioni, statue, bassorilievi e altre sporgenze, a infilarsi in cunicoli e pertugi. O ancora ci sarebbero i funamboli delle arrampicate sugli specchi, ma qui si apre un’altra parentesi troppo vasta.

Siamo giunti al termine di questa disamina, prolissa ma di certo incompleta, dei più svariati personaggi urbexer. Tratteggiare questa attività, anche solo ironicamente, è più arduo che praticarla: non si intravede una conclusione nemmeno dopo un tentativo estenuante come questo (per l’autore quanto per il lettore, che lo si creda o no). Si potrebbero aprire sondaggi, istituire dibattiti, scrivere monografie scientifiche… ma forse è meglio lasciar perdere. Riderci su, e non prendersi sul serio.

Se, aldilà di un sorriso a denti stretti, vuoi approfondire più seriamente il tema urbex, ecco qui cosa fa al caso tuo.

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