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ARCHEOLOGIA INDUSTRIALESICILIA urbex

Bianco è il sale

Articolo di Febbraio 11, 2020Nessun commento

Lì dove c’era il rumore del lavoro dell’uomo, adesso c’è solo il silenzio della natura. Un impianto chimico abbandonato, quaderni ancora aperti dove troviamo appuntate le formule chimiche di un ex ingegnere o scienziato, poi scale, macchinari, corridoi, interi archivi documentali: tutto è rimasto fermo a quando, nel luglio del 1962, le testate giornalistiche locali e nazionali titolavano: “La Sicilia ha il potassio”.

Si tratta della “Reggia siciliana della kainite”: lo stabilimento chimico nacque per l’estrazione di tale materiale e la produzione di fertilizzanti potassici nella zona centrale della Sicilia. Da questa attività estrattiva-mineraria si servì un colosso industriale nazionale, a seguito di una importante scoperta di giacimenti di kainite, nel 1953.
Per chi non lo sapesse, tale materiale altro non è che un minerale composto da sali di cloruro di potassio e solfato di magnesio, comunemente sfruttato proprio per la realizzazione di fertilizzanti.

Questi impianti diventarono la principale fonte di produzione di sali potassici in Italia e una delle più grandi attività minerarie d’Europa, le cui gloriose speranze industriali conobbero però il gusto amaro del declino nel 1978 quando, a seguito della fusione aziendale tra la proprietaria dello stabilimento e un altro colosso energetico, la neo-costituita società abbandonò gli impianti passandone la proprietà.

Da allora, di quella imponente creatura in ferro figlia della rivoluzione industriale degli anni Cinquanta del secolo scorso, non è rimasto oggi che un eco-mostro in cui regnano sovrani solo l’abbandono e il degrado.

Tra questi capannoni interamente ricoperti da rami e foglie, la sensazione è quella di trovarsi all’interno di una giungla post-moderna in cui il verde cerca a tutti i costi di nascondere lo spreco e le pedate dell’uomo.

E così, anche questo luogo è un altro esempio della legge naturale per cui ciò che è stato tolto alla natura dall’uomo, prima o poi, verrà reso alla natura.

Testo di: Giuliana Imburgia

 

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