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ARCHEOLOGIA INDUSTRIALELOMBARDIA urbex

La fabbrica di materiale esplosivo

Articolo di Marzo 8, 2020Nessun commento

Oggi siamo diretti verso una vecchia polveriera, teatro di una orribile tragedia, un’ esplosione che costò la vita a molte donne. A discapito del nome non era un semplice deposito ma una vera e propria fabbrica di materiale esplosivo. Il complesso è abbastanza isolato dal resto dei centri abitati: si trova in mezzo ad un bosco e la nebbiolina mattutina ne accresce l’alone di mistero e curiosità.
L’ex polveriera fu costruita nel 1914 dalla ditta francese Davey Bickford Smith. Nei primi anni la produzione era modesta ma negli anni successi si estese fino ad impiegare circa 2000 addetti, ovvero l’intera popolazione dei piccoli villaggi nel circondario. La fabbricazione comprendeva sia munizioni di diverso calibro sia micce lente e detonanti che furono utilizzate anche per la costruzione del traforo del Monte Bianco. Negli ’60 anni iniziò un graduale declino fino alla chiusura definitiva nel 1972.

Da quella data tutto si trova in uno stato di abbandono e incuria.

Nulla ci vieta l’ingresso e subito ci ritroviamo all’interno del primo edificio che troviamo. Gli spazi sono vuoti, nulla è rimasto delle vecchie strutture se non i forti muri di cemento e il tetto. Tuttavia il luogo trasmette un fascino incredibile.
Ci colpiscono tre cose: la netta rivincita della natura che piano piano sta riconquistando tutto lo spazio, il silenzio rotto solo dai nostri passi e da qualche uccellino e il numero delle finestre. In ogni possibile lato si aprono grandi finestroni, di cui ormai rimangono gli scheletri arrugginiti, probabilmente per permettere alla maggior quantità di luce di entrare quando ancora non c’era la luce elettrica e usare la luce della candele era impensabile.

Tutto è ricoperto da uno strato di muschio e un’edera rigogliosa copre i muri e scende delle finestre sul tetto. Una bellissima cornice per alcuni murales dipinti sui vecchi muri che si fondono con l’ambiente circostante. Uno di questi è pressoché identico ad un graffito presente in un altro edificio storico abbandonato (guarda qui quale).
Spostandoci, con fatica per via della fitta vegetazione, fra un edificio e l’altro, ci rendiamo conto di quanto sia grande il complesso: circa 650mila metri quadri, ovvero più di 100 campi da calcio uno di fianco all’altro. I padiglioni erano più di 150: collegati da una serie di cunicoli erano separati dall’esterno da terrapieni e strutture di cemento armato per ripararsi, e riparare, le strutture vicine da eventuali scoppi.
Il pericolo maggiore era quello di innescare un meccanismo a catena mortale per tutti.

Ironia della sorte la polveriera sarà colpita proprio da una violenta esplosione in cui perderanno la vita tantissime donne.

Fu proprio uno di questi avvenimenti che segnò una tragedia rimasta per decenni nella memoria dei paesi vicini. Uno o più componenti di ogni famiglia lavorava in Polveriera e dunque tutte le famiglie furono toccate in prima persona dallo sciagurato evento.
Era il 27 Luglio del 1935 e a centinaia erano al lavoro all’interno della fabbrica. Alle 14.35 vi fu una violentissima esplosione nel capannone adibito agli imballaggi: questa causò il crollo dell’intero fabbricato e la conseguente morte di 35 persone, quasi tutte donne. Una pagina di storia tristemente nota a tutti.

Cogliamo l’occasione per ricordare che no, non è da questo episodio che è nata la festa della donna, né da un avvenimento analogo in America. Secondo alcune credenze l’8 marzo sarebbe stata la ricorrenza della morte di migliaia di lavoratrici nel rogo di una inesistente fabbrica di New York,  facendo probabilmente confusione con una tragedia realmente verificatasi nella stessa metropoli il 25 marzo 1911,ovvero l’incendio della fabbrica Triangle, dove morirono 123 donne e 23 uomini.
Tuttavia la tragedia avvenuta nella polveriera lombarda tocca tutti i temi che andrebbero affrontati in una festa come questa : dalle pari opportunità, alla sicurezza sul lavoro.

Continuiamo la nostra esplorazione fino al tardo pomeriggio riuscendo a visitare meno della metà degli edifici. Sfruttando le ultime luci del giorno ci dirigiamo verso l’uscita, sempre accompagnati da un grande silenzio che rispettiamo senza fare forti rumori.

Grazie per aver spinto la tua curiosità fino a qui. Essa è lo stesso motore che muove la nostra passione.
Se ti ha colpito la storia di questa polveriera e dell’esplosione che uccise le donne che vi lavoravano, continua a scoprire l’archeologia industriale, qui.
Se vuoi esplorare altri posti abbandonati in Lombardia, clicca qui.
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