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Avete presente le case dei fantasmi? Quelle vecchie case decrepite che tanto spaventano i bambini e che, invece, tanto affascinano gli adulti? Quelle villone in cui nessuno vuol mettere piede e che sembrano nascondere numerose anime inquiete? Se dovessi plasmare fisicamente un’immagine di tale inquietante bellezza vi porterei davanti a questo splendido edificio fatiscente. Piccola anticipazione : affreschi, arredi signorili e…una reliquia.

Tre interi piani di villa signorile seicentesca ed un timpano che non aspettano altro che essere esplorati in totale silenzio.
Il vento gelido accompagna i nostri pensieri e i nostri movimenti. Il lungo viale che ci separa da questa meraviglia era, un tempo, l’unico punto di accesso per cavalli e carrozze.

Ci addentriamo circospetti e veniamo rapiti subito da una splendida chiesetta costruita in fronte all’edificio. L’entrata è piccola e contornata da un capitello che non sembra così in pessime condizioni. Uno strano particolare cattura subito il mio occhio: una mano scolpita a muro che sostiene una piccola acquasantiera. Un drappo rosso al suo fianco filtra la luce del sole e cela il retro di un altare che custodisce un altro splendido gioiello.

Varchiamo la soglia di quello che considero un sipario (deformazione professionale: lavoro in teatro) e ci troviamo di fronte alcuni banchi di legno dissestati. Il tempo di girarci, notiamo subito un vecchio altare di marmo su cui troneggiano due quadretti laterali e un terzo più in alto, circondato da una bianca cornice di pietra.

Lo sguardo scende verso una piccola cassettina di legno che cattura la nostra attenzione. Le incisioni sul lato richiuso non lasciano alcun dubbio: è una piccola bara. Via il coperchio con estrema cautela ed eccola lì, la Santa reliquia. Nel suo dolce vestito ricamato e nella sua corona di fiori ci osserva attraverso il suo scheletro minuscolo, con il teschio rivolto di lato, verso gli ignoti visitatori. Dei guanti bianchi le avvolgono ancora le mani e le scarpe ormai consumate, invece, i piccoli piedi. Sono secoli che è stata riesumata dal profondo della terra e da almeno altri trecento anni viene omaggiata. O meglio, veniva, ormai.

Rendiamo omaggio alla salma – reliquia con una foto, perché una foto può essere immortale.

Richiusa la reliquia, torniamo nel parco della struttura. Fra arbusti ed erba incolta troviamo una via di accesso ed entriamo nell’enorme villa. È buio, le finestre e le porte sono chiuse. Ci attende un grande salone con un tavolo molto lungo che lo percorre quasi per intero. I muri sono un paradiso per chi ama l’esplorazione urbana: intonaco che cade e vecchi bassorilievi che cedono al passare del tempo. I vetri delle porte-finestre sono rotti e aguzzi come non mai. Una sedia di paglia con un cuscino bordeaux troneggia vicino ad una delle scale che porta al piano superiore.

In una stanza adiacente al grande salone troviamo una scrivania ed una lampada ormai di un secolo fa. Due poltrone si guardano, davanti a quello che una volta era il grande camino principale. Una tenda logora svolazza all’interno della stanza ed il vento torna a rumoreggiare lievemente.

Al piano di sopra nulla sembra immutato. Le stanze coi letti che ospitavano i pazienti della struttura sembrano abbandonate da cinque minuti, tale è il grado di conservazione. In testa ho ancora l’incontro con la reliquia ma tutto quello che segue è altrettanto stupefacente: i libri sui comodini e i quadri al muro attendono impazienti mentre le coperte sono in attesa di essere rimboccate. La luce filtra fra tende ormai logore e finestre a malapena socchiuse. Stavolta il vento fischia attraverso queste fessure.

Un enorme salone ricoperto da travi a vista in legno accoglie noi visitatori. Pezzi di vetro sono sparpagliati per tutto il pavimento. Un lampadario troneggia, impolverato, sopra le nostre teste. Un ballo di gala! Ecco quello che manca: una grande festa in maschera. La mia immaginazione mi trascina immediatamente a parecchi anni prima. Gli ospiti e i dipendenti si lasciano trasportare dalla musica e danzano travestiti prima di tornare nelle loro stanze. Decisamente sì: la location sarebbe stata perfetta.

Terzo piano. Un passo più in alto verso la bellezza. Non vi fate ingannare dalle mie parole. Nessun tesoro nascosto e nessuna reliquia. Solo vecchi camini, specchi infranti e soffitti decorati: tutto ciò che fa impazzire un urbexer. Un’angusta scaletta ci porta all’interno del sotto timpano tra resti di volatili deceduti ed i loro escrementi. Non una bellissima sensazione.

Mi affaccio ad una delle finestre del quarto piano. Vento e silenzio ancora troneggiano attorno a questa splendida tenuta circondata dal verde. Un panorama veramente bello. Immagino ancora la fine del ballo. La quiete notturna ed una bella luna ad illuminare il viso di un ospite che, toltasi una maschera rossa, si concede qualche attimo di pace prima di sprofondare in un bellissimo sonno. Doveva essere sicuramente la prassi, in passato.

Non si sa molto su questo edificio. Alle origini fu un’enorme fondo destinato all’agricoltura. Sin dalla fine del ‘600 la proprietà terriera passò di mano in mano da alcune nobili casate ad altre ricche famiglie sino agli inizi del ‘900. Infine, solo qualche anno dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale la struttura venne presa in gestione da alcuni Enti del territorio.

Balli o non balli, gala o non gala questa casa dei fantasmi rimane una delle più belle strutture abbandonate che abbia mai visitato. Vista alla fine non è poi così spaventosa come pareva all’inizio. Trattasi di un gigante buono, sonnolente e sofferente.
Chissà, invece, magari stanotte, al calar del sole, qualche spirito si affaccerà sotto il timpano e si toglierà una maschera rossa osservando la luna e volgendo un pensiero a me. E avendo disturbato la sua quiete, potrebbe non essere un pensiero positivo.

Grazie per aver spinto fino a qui la tua CURIOSITA’. La stessa che ci spinge a fare esplorazione urbana, in luoghi pericolosi, per raccontarteli.
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Foto di Cristian Goffi e Matteo Montaperto.

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