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“Nulla é cambiato attraverso i secoli. Chi detiene l’oro detiene il potere.”

Siamo sulla strada principale che taglia in due un centro storico come molti, della periferia milanese.
Quasi anonima, per i distratti e affaccendati passanti, troviamo la lunghissima facciata grigia di un palazzo storico.
Bigia, senza decori, finestre chiuse da vecchie persiane scrostate, senza lesene e grandi cornicioni. Ma, come si sa, spesso “l’apparenza inganna”. Come una miniera custodisce le sue pepite tra le pietre grezze, così un palazzo sbiadito può celare il suo “tes – oro”.

Eh si, dietro a questa scatola triste si nasconde un grande parco.
Si sa poco sulla storia della famiglia che abitò la magione. Attualmente il “palazzo d’oro” appartiene a diversi eredi che sembrano averlo lasciato nell’abbraccio dell’oblio, dopo essersi portati via parte degli arredi. Inoltre, visitando gli interni, si può notare come una parte sia abbandonata da molto tempo e un’altra sia stata abitata fino a tempi più recenti.

La parte dell’immobile più interessante è quella abbandonata da più tempo. Ci riserva, al pian terreno, tre saloni di rara bellezza. Il primo, forse il più bello di tutto il palazzo, è il salotto d’oro: le pareti e i soffitti sono decorati con colori sgargianti dalle tonalità blu, viola e dorate, mentre il pavimento è impreziosito da un parquet con decori barocchi e intarsi con varie essenze di legno. Dal centro del soffitto pende un bel lampadario, di gran pregio.
Il vano successivo, adibito a sala da tea, con i suoi affreschi trompe l’oeil, ci catapulta su una terrazza dalle magnifiche vedute. L’ultimo doveva essere adibito a sala da pranzo: anche se manca il tavolo, sono rimaste le credente e i mobili importanti che lo arredavano.

Fa capolino qui un pianoforte tedesco e un altro lampadario tutt’altro che anonimo.
Al piano superiore del palazzo d’oro, i decori e gli affreschi diventano più radi e sobri ma i bei mobili che arredano le stanze da letto non passano inosservati.

L’ala più moderna del complesso invece è arredata con mobili anni ’60 e ’70, ma non meno interessante della precedente.
Qui si respira un vissuto più recente e si trovano diversi documenti e oggetti personali degli ultimi proprietari. Scenografico il grande salone col camino e un bellissimo affresco sul soffitto raffigurante la primavera.

Lascio questo posto meraviglioso, ancora con l’Oro negli occhi, la macchina fotografica carica di fotografie e una frase che continua a “frullarmi” in testa:
“Prendete l’oro dai cassetti ma lasciateci i sogni.”.

 

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