Male comune. Nella prima metà del Novecento il Mondo conduceva un’autentica guerra contro il peggior male dell’epoca, la tubercolosi, chiamata anche il “mal sottile”. Fino alla scoperta di un farmaco efficace, avvenuta nella seconda metà degli anni Cinquanta, l’unico trattamento efficace era l’elioterapia, praticata in strutture chiamate sanatori. Il ricovero nei sanatori era anche una forma di isolamento dei malati dal resto della comunità, per prevenire il rischio di contagio.
La terapia sanatoriale era una cura palliativa ma abbastanza efficace, impiegata per il controllo dei sintomi e lo stimolo delle difese immunitarie, mediante la triade “aria – riposo – alimentazione”.
I luoghi preposti per la costruzioni dei sanatori dovevano essere caratterizzati da un’aria purissima, di conseguenza molte di queste strutture furono costruite lungo l’arco Alpino.
Il sanatorio di cui vi parliamo sicuro non è la più bella delle strutture sanitarie abbandonate, però era il più grande sanatorio d’Europa.


Edificio razionalista. Costruito per volere del governo fascista, la scelta cadde su Sondalo a causa delle sue ottime condizioni metereologiche. Proprio non lontano da Sondalo erano già infatti stati edificati qualche anno prima i Sanatori di Prasomaso, oggi totalmente in rovina anch’essi.
I lavori richiesero otto anni, dal 1932 al 1940 e furono realmente impegnativi. Vennero, pensate, letteralmente ritagliate nella roccia sia le strade di accesso che i piani e le fondamenta.
Il risultato finale fu di gran pregio, caratterizzato da un’architettura in stile razionalista tipica dello sfarzo da regime. Era un vero e proprio villaggio indipendente, dotato di un innovativo sistema di teleferiche che distribuivano biancheria pulita, farmaci, generi alimentari dall’edificio centrale ai vari padiglioni. In 8 anni furono costruiti 9 ali in grado di ospitare sino a 300 malati ciascuno.
Benché il villaggio fu aperto solo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, durante il conflitto il sesto e il settimo padiglione furono i protagonisti di una poco nota vicenda.
Non tutti sanno che…grazie ad una missione segreta furono trasportati in valle a bordo di camion in servizio alle dighe alpine e poi nascosti in varie intercapedini importantissime opere d’arte provenienti da musei milanesi e collezioni private tra cui alcune tele di Rubens, Tintoretto e Segantini al fine di salvarle da eventuali bombardamenti e saccheggi. Mistero ancora più fitto e mai chiarito rimane come tutto sia stato fatto con la presenza di una guarnigione tedesca di presidio al villaggio. Voci non confermate dipingono il comandante della guarnigione, nella vita normale prima della guerra, come un professore di storia dell’arte italiana che aveva vissuto a lungo nel Bel Paese, studiando soprattutto l’arte toscana.
Il Villaggio ha perso importanza a partire dagli anni ’70 e solo pochi padiglioni sono ancora utilizzati come ospedale. In questo ultimo tempo sono diventati di vitale importanza perchè impiegati nel centro Covid di riferimento della valle. I padiglioni in disuso invece si trovano in uno stato di “abbandono controllato”. Un’associazione di volontari, che ringrazio per la possibilità di visita al sito, si occupa infatti di preservare i padiglioni abbandonati da ulteriori atti di vandalismo e ha raccolto nel corso degli anni molti oggetti e testimonianze del villaggio sanatorio in un piccolo museo.
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Fotografo, autore, amministratore IG di Ascosi Lasciti e punto di riferimento lombardo, assieme al gruppo di “manicomio fotografico”. La sua passione per la fotografia nacque con un regalo del nonno e dirottò prestissimo verso la passione sfrenata per l’esplorazione urbana, di cui oggi allestisce numerose mostre a tema.