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“Allora io raccolgo i chilometri di pellicola della mia vita, mi ci avvolgo come nelle spire di un serpente e alla fine trovo quel pezzo di racconto. Cerco di togliere via il troppo dolore, e la futilità, e i particolari superflui, tanto so che torneranno poco alla volta.”
S. Benni, Margherita Dolcevita

Ma che noia, come sono cambiati i tempi, oggi la gente è incontentabile. Abbiamo di tutto e di più e non siamo mai soddisfatti e non sappiamo più provare piacere per le piccole cose. E pensare che, fino a qualche tempo fa, il cinema era un divertimento e uno svago.
Assieme alle sale cinematografiche che hanno esaurito la loro storia, una volta c’erano anche i proiezionisti, ma il “freddo” digitale ha messo fine alla loro carriera, l’ha drasticamente trasformata. L’operatore cinematografico non c’è più: questo misterioso sconosciuto si occupava di montare, tagliare la pellicola, caricare e issare a mano ‘pizze’ da 25 chili, controllare il fuoco, il sonoro, farsi carico insomma di una proiezione perfetta, e in sicurezza.

Oggi il computer assolve questi compiti, non è necessario come un tempo stare vigili accanto al proiettore a monitorare la “farfalla”, i carboni, la lampada, i salti; e poi le giunte con l’acetone e il nastro adesivo, la paura di un incendio.  Tutto per non interrompere l’emozione degli altri. Lavorando mentre gli altri si divertono. Un mestiere di grande sacrificio, chiusi per almeno 12 ore nella cabina che diventava una rumorosa cella a 40 gradi.

Il pubblico non poteva vederli, si intuiva esistessero perché, lassù, nel rettangolo illuminato qualcosa si muoveva, prima che uscisse il fascio di luce animato dai pulviscoli (e dal grigio danzante del fumo delle sigarette, quando era permesso) a tagliare il buio. Ci si accorgeva di loro se l’immagine perdeva nitidezza o il sonoro balbettava, ed erano urla verso un indistinto individuo.

Il teatro, costruito a partire dal 1894, fu inaugurato nel settembre del 1895. Dopo l’apertura numerosi furono gli interventi di restauro. Fu importante quello del 1936 a cui si deve il nuovo assetto interno, mentre la facciata attuale è il risultato dei lavori del 1956. Il cinema fu abbandonato nel 1983. Pregevole esempio di architettura dell’epoca, dal respiro neoclassico, la facciata principale presenta partizioni architettoniche sagomate ed intonacate, e un apparato decorativo con capitelli in cemento applicati, e un basamento rivestito in lastre di pietra.

L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.

Noi di Ascosi Lasciti, con l’esplorazione urbana, ci spingiamo in luoghi talvolta pericolosi, per poterli raccontare. Come sempre, raccomandiamo di NON VISITARLI, ma di seguirci solo attraverso i nostri reportage.

Se questo cinema abbandonato ha stuzzicato la vostra curiosità non resta che sfogliare il nostro archivio di cinema abbandonati. Altrimenti cliccando qui si possono esplorare virtualmente i luoghi abbandonati dell’intera Lombardia.

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