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Nonostante anni di esplorazioni, ricerche, Km percorsi in lungo e in largo, le Marche continuano a sfornare perle nascoste, come questa fabbrica, una filanda abbandonata, una vera e propria capsula del tempo, ed un tesoro di archeologia industriale.

Le Marche sono una regione caratterizzata da sempre dalle piccole e medie imprese, specialmente nel settore manifatturiero. Di questi gioielli, silenziosi testimoni di un territorio laborioso, che dalla campagna si riversava nelle piccole fabbriche dell’entroterra, ne rimangono ahimè davvero pochi.

Per ricordare una scoperta simile a questa, sebbene di epoca più recente, devo tornare indietro nel tempo di oltre sei anni. Parlo di un posto unico, ricercato e visitato dagli esploratori di tutta Europa, un posto che purtroppo è stato completamente smantellato da qualche mese. Per chi non avesse mai visto questo splendido maglificio, per fortuna almeno il ricordo è salvo, grazie alle nostre foto e al nostro archivio.

Comunque, il posto di oggi non è propio un maglificio, ma una filanda, ora abbandonata, in cui si lavorava la lana. I rocchetti e i gomitoli venivano poi inviati ai maglifici della zona dove si creavano maglie, maglioni e altri vestiti “pizzichini” che ci regalavano le nostre nonne, e che da ragazzino odiavo con tutto me stesso.

Fra le motivazioni che hanno concorso affinchè un simile luogo si sia mantenuto intatto per circa un secolo va menzionato il fatto che si trovi quasi in pieno centro urbano, oltre allo scarso appeal della struttura esterna: anonima e invisibile: impossibile pensare che al suo interno possano nascondersi simili meraviglie.

Ma un buon urbex sa che non bisogna fermarsi all’apparenza, e da una delle finestre più basse, con un pò di agilità, si può riuscire a scorgere l’interno della filanda abbandonata.

E’ però giunto il momento di capire le vere motivazioni del perchè sia arrivato fino a noi un lanificio completo di tutte le macchine, in condizioni perfette, tanto che secondo me, attaccandole alla corrente c’è il rischio che funzionino ancora.

Questo posto si è mantenuto intatto perchè il “padrò” comprese il cambiamento dei tempi, e mollò immediatamente la produzione, alle prime avvisaglie di crisi, mentre i suoi concorrenti locali tirarono la cinghia e andarono avanti, in perdita. Il che portò molti di loro a fallire e a svendere i macchinari per pagare i debiti.

Fermò la produzione, ci ammucchiò all’interno qualche cosa che gli dava noia, come vecchie damigiane e qualche mobile, e chiuse a chiave. Per sempre.

Ed oggi arriviamo noi, a documentare questo splendore, che meriterebbe di diventare un museo e di essere visitato dalle scolaresche.

Perchè non sarà lì per sempre, soprattutto nell’indifferenza delle istituzioni.

Magari fra qualche anno si farà avanti un meccanico in cerca di spazio per una nuova officina e comprerà tutto, buttando le vecchie macchine come ferraccio. E avremo perso la possibilità di assaporare e di toccare una parte importante del nostro passato.

Intanto, per sicurezza, noi fotografiamo e documentiamo tutto, così che almeno resti una traccia sulla polvere del tempo.

L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.

Noi di Ascosi Lasciti, con l’esplorazione urbana, ci spingiamo in luoghi talvolta pericolosi, per poterli raccontare. Come sempre, raccomandiamo di NON VISITARLI, ma di seguirci solo attraverso i nostri reportage.

Se la filanda abbandonata ha stuzzicato la vostra curiosità, ecco una lista di fabbriche abbandonate. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati delle Marche?

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