Dubbi, leciti. Le vicende che fanno da corollario a questo incredibile edificio che sorge alle porte di una grande città pugliese sono ancora oggi avvolte nel mistero. Dopo averlo visitato, tuttavia, ci siamo chiesti se davvero valesse la pena indagare su quei misteri o se fosse più bello lasciare questo alone di oscurità sul posto…
Scoprire o non scoprire. L’indubitabile fascino del luogo scatenerebbe curiosità in qualsiasi animo, ma la ricerca di informazioni cui ci siamo, come d’abitudine, dedicati ha dato così scarsi risultati da indurci a credere che questa esplorazione è bene che rimanga tale senza necessariamente diventare indagine storica se non addirittura giudiziaria).
E infine facciamo luce. Intorno alla prima metà degli anni ottanta un facoltoso ingegnere, professore universitario nonché colto e illuminato imprenditore edile, si convertì alla religione islamica (anche se i vari simboli trovati all’interno dell’edificio ci riconducono ad un mix di dottrine) e sancì la sua scelta con un gesto clamoroso quanto inatteso, per il contesto storico e geografico nel quale si inseriva: la creazione di una Università per gli Studi Islamici.
Nell’arco di pochi mesi il sito di una vecchia masseria venne recintato da alte mura, protetto da imponenti cancellate e trasformato in una enclave musulmana con tanto di minareto e simboli coranici e sufi.
Un passo indietro. Anni di frequentazione delle culture altre, in un afflato ecumenico il professore giunse ad una svolta tanto radicale quanto carica di entusiasmi forse mal riposti. L’imprenditore era entrato in affanno per via di un faraonico investimento: la costruzione (si disse caldeggiata dallo stesso Aldo Moro) di un enorme albergo. Quest’ultimo risultò eccessivo per le sue dimensioni, si disse, ma sicuramente innovativo per alcune scelte rivoluzionarie per l’epoca e per la città: un ascensore panoramico per raggiungere l’altrettanto panoramico ristorante, una grande piscina sul solaio e, cosa ancora più sconvolgente, un bunker sotterraneo che consentiva all’intera struttura, e ad i suoi fortunati ospiti, un isolamento totale per mesi in caso di attacco atomico (!) alla città.
Maldicenze. L’alta borghesia della città iniziò a prendere le distanze da quel “figlio” traditore e molti tra i detrattori urlarono allo scandalo ridicolizzando, tra l’latro, la scelta mistica come mero opportunismo sessuale. Il professore non fece mistero di diverse unioni coniugali delle quali si affrettò a profittare in accordo con le dottrine a cui si era appena affacciato.
La reazione. Entrato ormai in aperta polemica con i potentati della città, rilasciò un’intervista al quotidiano La Repubblica dove denunciava apertamente tale ostilità come motivata essenzialmente da intransigenza religiosa. Ma non mancò chi fece notare i diversi intrecci che nella vicenda finivano col coinvolgere aspetti giuridici, economici e finanziari. Il professore aveva, infatti, cercato appoggi, in denaro e non solo, per la sua Università direttamente nel mondo arabo inaugurando la sua creatura con un sontuoso convegno di studi rimasto unico ma assai discusso.
Il declino. Gli aiuti dei fratelli musulmani non si videro, forse anche a causa di questo miscuglio di dottrine a cui si era convertito e l’intera operazione sembrava destinata ad un epilogo tutt’affatto positivo. A complicarne definitivamente la sopravvivenza dell’intero progetto contribuì un evento luttuoso e cruento. Un operaio dell’impresa, chiamato a sostituire momentaneamente il custode, venne dilaniato da una dozzina di cani addomesticati per la tutela della struttura. Parve a tutti l’epilogo degnamente scenico di un sogno ambizioso quanto osteggiato.
Magnifici resti. Di questa meravigliosa università islamica abbandonata resta la monumentale bellezza degli edifici, dei giardini, dell’imponente minareto e la dovizia di particolari architettonici realizzati, da mano sicuramente esperta, nella più totale ortodossia. In effetti i vari simboli, come già detto, riportano ad una moltitudine di culture, stemmi massonici, capitoli del corano, architetture che riconducono all’esoterismo, il cappello dei Sufi ed il trono di Allah.
La visita. Un turista “ufficiale”, entrando dal cancello posto sulla via principale, si trova di fronte ad una tradizionale masseria, tipica del nostro territorio. L’immobile, tardo settecentesco come impianto originario, in nulla lascia presagire cosa nasconde nella sua parte posteriore. Attorno ad un ampio giardino, custode di una piscina in pietra di notevoli dimensioni, camminamenti ed una ricca vegetazione, si sviluppano diversi corpi di fabbrica, ognuno destinato ad ospitare funzioni specifiche della vita di un campus universitario: mense, alloggi, laboratori, saloni di rappresentanza, aule e ovviamente luoghi di meditazione e preghiera come lo splendido giardino adorno di fontane ed il minareto, oggi non sappiamo quanto gradito e volontario alloggio di una volpe, il cui stato fisico lascia supporre d’essere finita colà per errore.
La perlustrazione di questa università islamica abbandonata si è conclusa dopo due emozionantissime ore regalandoci la scoperta di un bunker sotterraneo che ci siamo immaginati del tutto simile a quello realizzato sotto “l’albergo delle meraviglie”. Una scoperta che, confermando una certa predisposizione del nostro paranoico ingegnere, finisce col rafforzare l’idea che attorno a questa vicenda restano molti interrogativi inevasi.
L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.
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Se l’ università islamica abbandonata ha stuzzicato la vostra curiosità, ecco una lista di edifici lasciati all’incuria. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati della Puglia?
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raccogliamo scatti per la Puglia, sconfinando di tanto in tanto, senza un ordine temporale o priorità spaziale, interpretando, a volte, il medesimo scenario filtrato però dai nostri personali metodi di lettura della luce, dei suoni, degli odori e delle vibrazioni che questi posti trasmettono.
Valeria Genco, Mimmo De Leonibus