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Correva l’anno 1830 quando questo cotonificio abbandonato, già dal suo esordio industriale, fu uno dei più rinomati cotonifici d’Italia fin da quando vide la luce.
Da principio l’insediamento produttivo era piccolo, ma quando i figli della famiglia C. presero in mano le redini dell’azienda la situazione cambiò radicalmente.

Innanzi tutto fu aperto un nuovo centro di produzione nella città di S. poi furono introdotti impianti di tintura e tessitura, fusi automatici ad altri strumenti di filatura meccanica. Il XX secolo era ancora lontano dal giungere, ma in questo piccolo paese Lombardo la produzione di massa era già argomento conosciuto.

Il cotonificio abbandonato C. ormai rinomato a livello internazionale, tanto che nel 1855 fu l’unica ditta italiana presente all’esposizione universale di Parigi.
Questo impianto industriale sembrava destinato a crescere in maniera incontrastata, l’unico fermo alla sua espansione venne posto dalla prima guerra mondiale, ma una volta terminata filatrici e fusi tornarono a ruotare a più non posso. La seconda guerra mondiale comportò altri problemi per la fabbrica, che dovette partecipare allo sforzo bellico e dedicarsi alla produzione di commesse per la guerra. Nonostante tutto il cotonificio abbandonato continuava a crescere.

Forse il punto di massimo sviluppo venne raggiunto alla fine degli anni ’60, quando tra i vari stabilimenti produttivi le maestranze toccarono lo strabiliante numero di 5000. Negli stessi anni arrivarono però anche le prime crisi finanziarie, dovute all’aumento del costo delle materia prime, delle fonti energetiche e del lavoro ed a una concorrenza straniera sempre più agguerrita.

Proprio per fare fronte a questa concorrenza si decise di modificare la produzione passando da semplici filati a tinta unita a una produzione più tecnologica e di pregio, quale quella dei tessuti stampati. Con questa scelta la crisi sembrava scongiurata ma il costo degli investimenti e la minor redditività dei prodotti, anche dei tessuti stampati, stavano minando sempre di più la stabilità finanziaria del gruppo che andava accumulando un sempre più ingente debito. Vennero tentati riassetti e ristrutturazioni, furono messi in atto aumenti di capitale e rifinanziamenti, ma nulla riuscì ad invertire le parabola decrescente del gruppo che negli anni ’80 contava circa 160 miliardi di lire di debito.

Il cotonificio abbandonato stava lentamente correndo verso il fallimento e la chiusura. Negli anni ’90 iniziarono a venir chiusi e abbandonati uno stabilimento dopo l’altro, fino al 2007 quando l’ultima filatrice si fermò. Si spensero allora le luci su questo gioiello della produzione italiana che negli anni del suo massimo splendore fece erigere case per gli operai e una scuola per i loro figli riconosciuta dallo stato italiano.

L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.

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Se questo cotonificio abbandonato ha stuzzicato la tua curiosità, ecco una lista di fabbriche abbandonate. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati della Lombardia?

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