Una conceria abbandonata e la storia della lavorazione del pellame.
Siamo in piena epoca Napoleonica quando, tra due piccoli fiumi del nord Italia, viene costruito un mulino volto alla lavorazione del grano. Passano gli anni e la famiglia F., proprietaria del mulino, inizia a diversificare la produzione e per la prima volta a trattare il pellame.
Lavorare la pelle si dimostra molto più redditizio rispetto al trattamento della farina e negli anni la piccola fabbrica viene convertita in conceria.
Lentamente il mostro prende vita e si espande.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la lavorazione della pelle fu sostituita con la produzione di armi ma con la fine della stessa, questa parentesi si chiuse e si tornò a conciare la pelle. Punti vendita a magazzini furono aperti in tutta la penisola e un numero sempre maggiore di capannoni e reparti di lavorazione vennero innalzati laddove un tempo si lavorò la farina. La fabbrica diventò rinomata a livello nazionale, mentre a livello locale divenne talmente importante da arrivare a diventare il simbolo dell’intera zona. L’espansione continuò sino a raggiungere il massimo verso la fine degli anni ’60 quando i dipendenti toccarono quota 220 e ulteriori reparti vennero completati.
Forse, è in questi anni che qualcosa iniziò ad andare storto, qualcosa che non si vide ne si sentì ma che silenziosa strisciava sotto la fabbrica e nelle acque dei fiumi.
Mentre questo mostro silenzioso continuò la sua smisurata crescita, la fabbrica incontrò le prime difficoltà finanziarie. Forse fu per superare queste difficoltà e per salvare l’azienda, forse fu per garantire qualche altro anno di profitti, forse per semplice incuria, ma in quel periodo la conceria iniziò ad alimentare il mostro strisciante sempre di più.
Vennero altre crisi finanziarie che richiesero licenziamenti, cambi di passo e passaggi di proprietà, poi venne alla luce il mostro, il cui nome è cromo/mercurio. La conceria lo alimentò troppo, fino a quando il mostro non divorò la conceria la quale venne chiusa per inquinamento della terra, delle falde acquifere sotterranee e sversamento di sostanze nocive nel fiume.
Ad oggi, la bonifica della conceria abbandonata non è ancora terminata, ma qualcosa fa ben sperare che presto questo fazzoletto di terra un tempo verde torni a essere salubre e vivibile.
L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.
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Classe ’80. Tipo eclettico e poliedrico, si interessa di cultura generale. Appassionato dal 2003 di fotografia e dal 2006 di urbex, partecipa attualmente a numerose mostre fotografiche individuali e di gruppo. Fra i primi autori di Ascosi Lasciti, da anni, sfrutta la fotografia per viaggiare attraverso l’Europa e la scrittura per viaggiare dentro di sé.