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Ci troviamo in Friuli per visitare un borgo abbandonato anzi due borghi, anche se in realtà l’articolo in questione rappresenta il sequel di un altro articolo precedentemente steso da me con protagonista il borgo di Stavoli.  Stavolta però il protagonista, o meglio le protagoniste, sono le due Moggesse che meglio definirei come le belle addormentate nel bosco.

Il bosco in questione, nominato “bandito”, è un bosco speciale che coccola e protegge le due borgate ormai da molti anni ed è formato da una cinquantina di antichi pini neri che possono avere anche 400 anni d’età.
Entrambi i borghi si possono raggiungere in diversi modi; attraverso un giro ad anello partendo da Campiolo alto (quello che ho fatto io attraversando Stavoli), da Moggio di Sopra e da Grauzaria.

Ma ora adiamo a conoscere le due protagoniste dell’articolo, le due Moggesse.
Entrambe le borgate si trovano a poco meno di 1 Km. di distanza l’una dall’altra e sono divise da un torrente chiamato Rio del Mulin, motivo per cui simpaticamente hanno preso il nome di Moggessa di Là e Moggessa di Qua.
Entrambi i borghi hanno avuto le stesse difficoltà e vicissitudini che hanno coinvolto il borgo di Stavoli, ed anche in questo caso un po’ per colpa dell’isolamento geografico e un po’ per la scarsità di lavoro, le due Moggesse iniziarono pian piano a spopolarsi fino al colpo di grazia dato dal terremoto del Friuli nel 1976.

MOGGESSA DI QUA, situata a 510 metri sul livello del mare, è il primo borgo che si raggiunge da Moggio di Sopra dopo un paio d’ore di cammino, ed è anche quello che ha subito i maggiori danni per le scosse di terremoto. All’interno del borgo abbandonato si può notare un disordinato e sparso alternarsi di abitazioni in rovina e ristrutturate dando un forte contrasto alla percezione di chi lo attraversa. Nei primi anni del ‘900 arrivò a contare oltre 170 abitanti, aiutati dalla presenza di tre fontane da dove sgorga, ancora oggi, acqua purissima e preziosissima; attualmente risulta totalmente disabitato.

Nelle vicinanze sono presenti anche i ruderi di un vecchio mulino che rimase in funzione fino al 1962, molto importante per entrambe le borgate. Fuori “dal comune” invece risulta la simpatica presenza di sassi opportunamente dipinti ed assemblati rappresentanti la forma di visi espressivi, soprannominati, i “guardiani” del borgo.

MOGGESSA DI LÀ invece si trova poco più in alto rispetto all’altra sorella, a 530 metri sul livello del mare. Fortunatamente risulta conservare abbastanza bene l’architettura caratteristica dei classici borghi di montagna, questo grazie, da una parte agli inferiori danni causati dal terremoto in confronto a quelli di Moggessa di Qua e dall’altra, per la presenza di una strada sterrata che la collega al paesino di Grauzaria, importante soprattutto per tutti i lavori di natura edile e di ristrutturazione. Oltre dal paesino di Grauzaria, si può raggiungere il borgo arrivando dalla sorella Moggessa scendendo verso il torrente per poi risalire attraverso un sentiero, oppure tramite un giro ad anello partendo da Campiolo alto e passando prima per Stavoli. Fino a qualche anno fa, il borgo era abitato dall’unico moggessano, Silvio, un ex minatore che lavorava a Cave del Predil, ora scomparso, che fino all’ultimo cercò di vivere al diretto contatto con la natura e distante da tutti i ritmi frenetici che la società d’oggi per lo più ci impone.
Tutt’ora, come Stavoli, anche Moggessa di Là saltuariamente si rianima, soprattutto nei weekend e nei mesi estivi grazie alle abitazioni ristrutturate. Anche in questo caso, forte è la presenza dell’acqua che sgorga dalle fontane presenti nel borgo abbandonato.
La bellezza e la tranquillità di questi luoghi si continua ad assaporare passeggiando per le strette viuzze dei vecchi nuclei abitativi rappresentando un luogo di ricordo e memoria che va rispettato e mai dimenticato.

Davide Cavicchiolo

L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.

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Se questo borgo abbandonato ha stuzzicato la tua curiosità, ecco una lista di borghi abbandonati. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati del Friuli Venezia-Giulia?

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