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Cartiera abbandonata.

“Ma sai che ho visto un edificio abbandonato dall’altra parte del fiume?”

“Disboscando una sponda del fiume è riemersa una struttura abbandonata a Cividale…”

Questi sono solo alcuni dei meravigliosi messaggi che fortunatamente chi ha la passione per l’esplorazione urbana riceve dagli amici. Anch’essi, infatti, sono ormai indirettamente coinvolti e appena scorgono una qualsiasi parvenza di abbandono prontamente avvisano l’amico urbexer.

È proprio in questo modo che un sabato pomeriggio appena ricevuta la notizia di cui sopra, riguardante il freschissimo ritrovamento di un rudere sull’argine del torrente Natisone, io e altri tre miei amici (tra cui ci sono sia urbexer abituali che appassionati di foto meno esperti nell’esplorazione) prendiamo la macchina e partiamo immediatamente verso Cividale del Friuli. Dopo una veloce ma non troppo proficua tappa presso una cartiera abbandonata poco fuori dalla città ci dirigiamo a piedi verso il centro.

Attraversiamo le vie principali che ci conducono al famoso “Ponte del Diavolo”, uno dei simboli della città legato ad una leggenda da cui deriva il suo nome: si narra infatti che i cividalesi, al fine di costruire il ponte stesso, avessero chiesto l’aiuto proprio del Diavolo, il quale accettò la richiesta chiedendo però di avere in cambio l’anima della prima persona che avesse attraversato il ponte. I friulani acconsentirono ma, a costruzione ultimata, beffarono il Diavolo facendo attraversare il ponte da un animale.

Inoltrandoci nelle viuzze cividalesi con Google maps alla mano iniziamo a cercare una via d’accesso che ci permetta di scendere verso il fiume anche se un costeggiato di case sembra rendere inaccessibile l’argine. Attraversando un altro ponte, dall’alto risulta ben visibile l’area da noi cercata che si conferma comunque apparentemente irraggiungibile. Finalmente, dopo altre ricerche e giri a vuoto riusciamo ad arrivare a ridosso dello stabile: ci divide da esso “solamente” un dirupo di alcuni metri. Il tempo non è dalla nostra parte, il cielo si sta annuvolando velocemente e minaccia pioggia. Scorgiamo quello che ci sembra un sentiero vagamente tracciato in mezzo agli alberi, magari battuto da qualche animale. Io e Matteo, l’amico urbexer, decidiamo di scendere mentre gli altri due compagni che non sono del “mestiere” rinunciano a quella che ormai è diventata a tutti gli effetti una missione.

Iniziamo la discesa: il terreno è scivoloso ma appigliandoci agli alberi riusciamo con qualche sforzo ad arrivare al suolo. Appena scesi, ci ritroviamo direttamente di fronte quello che poi scopriremo essere il rudere di un’antica cartiera abbandonata.

Nel corso dell’Ottocento qui trovano posto diversi fabbricati: un mulino, un battiferro e perfino un macello. Nel 1876 uno storico sindaco e impresario cividalese divenne proprietario dell’area e decise di fondare la cartiera abbandonata al posto della chioderia preesistente. Durante la Grande Guerra vennero danneggiate seriamente sia la cartiera che la stessa rosta sul fiume, la quale garantiva la portata d’acqua necessaria alla forza motrice e al processo produttivo complessivo, tanto che le attività generali vennero sospese per qualche tempo. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale poi, il fabbricato della cartiera e i vari impianti vennero distrutti da un grande incendio, forse causato da un proiettile incendiario sparato dalla caserma situata sulla sponda opposta del torrente. Agli inizi degli anni Sessanta, infine, lo stabilimento cessò l’attività definitivamente. Attualmente del posto non rimangono nient’altro che perimetri, ingranaggi, mulini diroccati e la vegetazione che inesorabilmente si è ripresa i suoi spazi. Al momento della nostra visita però risultano ben presenti anche i segni del disboscamento che hanno permesso la recente riemersione degli stabilimenti.

Tornando alla nostra breve visita, trascorso giusto il tempo di scattare qualche foto in velocità, inizia a piovere. In lontananza intravedo un uomo che passeggia tra le rovine, osservando incuriosito anch’esso i reperti. Mentre mi avvicino noto che non sembra sorpreso della mia presenza. Osservando i suoi vestiti intonsi mi chiedo come abbia raggiunto il luogo senza doversi calare per il dirupo infangato da noi percorso. Dopo una fugace conversazione l’uomo mi svela la presenza di un sentierino che, ben nascosto tra le case, conduce direttamente alla strada principale. Sporchi e bagnati risaliamo verso la città e ci ricongiungiamo con i nostri amici. A concludere la giornata, soddisfatti dell’esplorazione, ci concediamo la degustazione di un delizioso dolce tipico del posto, gli strucchi (piccoli fagottini generalmente ripieni di noci, nocciole, pinoli, uvetta, scorza di limone, zucchero, grappa), un premio meritato, ciliegina sulla torta per questa nuova e importante scoperta.

L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.

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Se questa cartiera abbandonata ha stuzzicato la tua curiosità, ecco una lista di fabbriche abbandonate. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati del Friuli Venezia-Giulia?

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