È sempre un po’ emozionante la notte che precede una qualsiasi partenza, che sia la visita al museo alle medie, il viaggio per le vacanze, un borgo dimenticato o una semplice gita fuori porta. Quando suona la sveglia ed il tempo termina di trascinarsi, si scatta dritti sul letto, pronti ad intraprendere la giornata con una carica decisamente sconosciuta nella quotidianità.
Quel giorno la sveglia suonò particolarmente presto, la meta era il Parco Regionale dell’Alto Appennino Modenese, e, nonostante fossero soltanto le prime luci del mattino, mi sentivo rinvigorito ed entusiasta.
Arrivati in loco scaricammo dall’auto l’attrezzatura necessaria per trascorrere l’intera giornata immersi nella natura più selvaggia, dopo di che imboccammo il sentiero che si addentrava nel bosco.
Flora e corsi d’acqua offrivano scenari mozzafiato che qualsiasi amante del trekking e della fotografia non poteva fare a meno di apprezzare e di fare suoi.
Dopo alcune ore di cammino scorgemmo sotto un fitto strato di muschio un muretto in sasso, segno inequivocabile dell’inizio di un insediamento umano. Poco più avanti, infatti, ci imbattemmo in una trentina di vecchie abitazioni semi crollate e avvolte dalla vegetazione che un tempo ospitarono varie generazioni di pastori e contadini.
Ci trovavamo nel Borgo delle Caselle, uno degli innumerevoli paesi abbandonati dell’Appennino.
Sebbene all’interno degli edifici vi era ben poco, entrammo comunque in tutti quanti, alla ricerca di qualche spunto fotografico interessante.
Trovammo svariate sorprese: vecchi letti in ferro, stufe, camini, piatti e pentole e, soprattutto, alcune pareti decorate. Tutto ciò ci regalò uno sguardo sulla vita passata delle comunità montane, facendoci anche riflettere sulla difficoltà nel vivere in un contesto boschivo isolato dal mondo, senza elettricità e acqua corrente.
Queste vite fatte di sacrifici e fatiche ci appaiono così distanti rispetto alle nostre abitudini, nell’era tecnologica in cui viviamo oggi…
Nel 1953 una frana lambì il paese. Anche se non provocò alcun danno alle abitazioni, costrinse tutti gli abitanti ad evacuare frettolosamente il borgo, che rimase disabitato.
Una ventina di anni più tardi una comunità Hippy si insediò in queste case, ridando loro vita. La loro permanenza non durò a lungo: qualche tempo dopo se ne andarono, ed il piccolo paesino montano venne così abbandonato per la seconda volta, in via definitiva.
Proseguendo il nostro cammino e fermandoci di tanto in tanto a fotografare i paesaggi che la natura ci offriva, qualche chilometro più avanti incrociammo un nuovo agglomerato di abitazioni: il Borgo delle Piagge.
Anche qui la vegetazione era l’incontestabile padrona, fra edifici crollati ed altri più stoici. Di questo minuscolo borgo dimenticato non siamo riusciti a trovare informazioni nemmeno in rete, ma molto probabilmente subì la stessa sfortunata sorte di Caselle.
Dopo aver esplorato tutte le case ci rimettemmo in cammino per completare il circuito ad anello che ci eravamo prefissati.
Dopo oltre otto ore e tanti chilometri lasciati alle spalle tornammo alla macchina, stanchissimi, ma pienamente soddisfatti di ciò che l’Appennino ci aveva generosamente donato.
Per vedere tutte le altre foto scattate in questi due borghi vi rimandiamo all’album di Tesori Abbandonati: TESORI ABBANDONATI – L’ABBANDONO DOPO L’ABBANDONO
Se questo borgo dimenticato ha stuzzicato la tua curiosità, ecco una lista di borghi abbandonati. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati dell’Emilia Romagna?
L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.
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Classe ’84, nato e cresciuto nella provincia di Bologna. L’urbex, ovvero la riscoperta dei luoghi abbandonati, ha unito le sue due grandi passioni, quella dell’esplorazione e quella della fotografia. Membro fondatore del progetto “Tesori abbandonati”.