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Ormai è cosa nota -ce lo disse più di qualcuno- che il desiderio di visitare quella masseria diroccata era inscindibilmente legato all’acquisto di un caciocavallo.
-… E sia!

Ebbene, durante la nostra vacanza nel meridione, quel luogo divenne la meta più ambita, programmata soltanto durante il rientro al nord, poiché di strada.
Pronti ad intraprendere quel lungo viaggio, ci recammo in quell’azienda agricola, dentro la quale sapevamo esserci un gioiello incantevole.

E poi, diciamocelo: urbex e formaggio… Suonava già come un’esperienza memorabile.
Da un’infinita statale circondata esclusivamente dai campi, il navigatore ci indirizzò in una stradina sterrata. Nessun cartello indicava la nostra masseria diroccata… sembrava molto strano.
Proseguimmo lentamente cercando dai finestrini qualche possibile riferimento, ma intorno a noi si vedevano solamente distese di campi coltivati, offuscati dal polverone che alzava l’incedere dell’auto.
Ad un certo punto, come un miraggio, apparve il bellissimo e decadente edificio che cercavamo.
Sembrava a tutti gli effetti un castello incastonato fra una stalla e una casa contadina, ma la sua atipica forma stretta ed alta, gli stemmi araldici sulla facciata e una sorta di eleganza soffocata dalla trascuratezza accese ancora di più in noi il desiderio di potervi entrare.
Scendemmo dalla macchina e ci avviammo in prossimità del cancello, dove ai nostri occhi si presentò una scena veramente surreale, degna della scenografia di un film neorealista.
Quattro persone abbronzatissime e visibilmente affaticate banchettavano di gusto proprio all’ombra della masseria diroccata. Sul tavolo vi erano varie bottiglie di vino, al centro un enorme vassoio con friarielli, pomodori e chissà quante altre verdure, dal quale ognuno attingeva individualmente.
Un quadretto conviviale indimenticabile, poiché incorniciato dal libero scorrazzare di capre, oche, galline, cani e gattini che avranno avuto al massimo qualche settimana.

Ostentando tutto il nostro dispiacere per aver interrotto quella che doveva essere la loro pausa pranzo, chiedemmo timidamente del caciocavallo.
-Abbiamo finito tutto, se volete del formaggio dovete tornare domani- rispose uno di loro, spezzando il nostro entusiasmo.
Gli spiegammo che purtroppo quello era il nostro ultimo giorno di vacanze e che l’indomani saremmo già stati a casa, al nord.
-Serve dell’altro?
A questo punto, fra una difficoltà palpabile e una serie di risatine nervose, chiedemmo sfacciatamente se fosse possibile fotografare la diroccata masseria.
Silenzio.
Dopo alcuni lunghissimi secondi, quello che doveva essere il proprietario si alzò dalla sedia e, senza proferire parola, si spostò in direzione della porta di ingresso. Ci fissò, ruotò il chiavistello in legno e ci fece segno di entrare.
Increduli ed immensamente felici varcammo frettolosamente la soglia del portone, come a voler anticipare un eventuale ripensamento.

Davanti a noi non vi erano stanze, ma solamente una vecchia scala che conduceva al piano superiore, un’unica rampa dalla pendenza vertiginosa, ove ai lati vi erano numerosissimi sacchi ricolmi di pane vecchio. Molto, molto vecchio. Mentre salivamo, mosche e altri insetti ci fecero grandi feste, ma la nostra attenzione era dedicata a quel pane dalla consistenza marmorea… Da quanti anni era lì!?
Prima di iniziare a fotografare ci concedemmo un rapido giro perlustrativo degli ambienti, rimanendo letteralmente estasiati da tanta bellezza.
Ci colpì il grande contrasto fra l’esterno signorile ed imponente e gli interni, costituiti da una manciata di stanze di metratura ridotta. Non erano però le dimensioni a dare vita al fascino, bensì gli affreschi, l’altezza dei soffitti, e un particolare tesoro che mai ci saremmo aspettati in una delle stanze: dalle pareti pendevano alcuni fili da bucato sui quali vi era adagiata la pelle seccata di un ovino, teneramente cullata delle correnti d’aria.
Alcune rondini avevano nidificato tra quelle mura, e volavano attorno a noi cinguettando senza sosta, come a voler accompagnare le note del suonatore d’arpa preziosamente raffigurato sul soffitto.
Senza ombra di dubbio la stanza dal maggior fascino fu il salone principale: qui, i muri dipinti di varie tonalità di verde acqua erano impreziositi da incredibili colonne affrescate che parevano sostenere il soffitto. Su ogni parete vi era una porta, tre delle quali davano su altrettante camere, mentre una affacciava su un piccolo terrazzino.
Sul soffitto era rappresentato un carretto trainato da tre cavalli guidati da un angioletto. Sul carretto, una dama in bianco porgeva benevola un mazzo di fiori.
Dopo aver terminato con le foto, uscimmo richiudendo la porta dietro di noi.

Gli stessi fantastici personaggi erano seduti nelle medesime posizioni di prima, come se volessero aspettarci prima di riprendere le fatiche della campagna che li attendevano nel pomeriggio.
Ancora su di giri per la gioia di aver visitato un luogo tanto magico, li ringraziammo con immensa riconoscenza.
Raccontammo loro della nostra passione per gli edifici in decadenza e facemmo presente che di rado ne vediamo di così belli. Facendoci coraggio, poi, tentammo di intavolare una conversazione per saperne di più circa la storia e le cause dell’abbandono della masseria diroccata. Solo uno di loro ci rivolse la parola, e in dialetto stretto, per cui non proprio tutto di quello che disse ci risultò chiaro.
-Siete stati dentro al castello (proprio così lo ha chiamato) più volte voi di me, io so solo che non c’è nulla dentro, dovreste essere voi a dirmi com’è… Era già lì quando ho comprato il terreno e purtroppo i soldi per sistemarlo non ci sono… così tutto è rimasto com’era. Ogni tanto passa qualche curioso come voi che vuole vederlo, sicuramente sarà bello perché ci hanno girato anche un film con Raul Bova”.
Li ringraziammo nuovamente e mentre ci avviavamo verso il cancello, lasciando la masseria diroccata, il proprietario ci lasciò con un’uscita inaspettata: -… E quando tornate al nord fategli pubblicità, mostrate quanto è bello che magari un ricco vedendolo ci si innamora e mette qualche soldo per ristrutturarlo!

Sia le foto che il testo presenti in questo articolo sono stati fatti in collaborazione con Giulia Massetto.

Per vedere tutte le altre foto scattate in questa diroccata masseria vi rimandiamo all’album di Tesori Abbandonati:
TESORI ABBANDONATI – IL CASTELLO CHE NON TI ASPETTI

Se questa diroccata masseria ha stuzzicato la tua curiosità, ecco una lista di edifici rurali. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati della Puglia?

L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.
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