Borgo Vallata è un villaggio fantasma, una piccola perla per gli amanti del genere.
Da circa cinquecento anni ed oltre riposa placido su di una collina abbracciata dalla natura e dal totale silenzio.
Solo qualche miagolio ed il sottofondo di un televisore dell’unica abitante, ti tengono compagnia da quando arrivi a quando ti perdi, una volta all’interno.
Ad attendere il visitatore vi è una ripida stradina dalle pietre massicce, un po’ scomode a percorrerle: questa conduce ad una cantina, subito sulla sinistra, in cui si scorgono attrezzi da lavoro, camici e damigiane. Subito dopo, sulla stessa parete si sviluppa casa Apisa, risalente al 1538, appartenuta ad un feudatario e impreziosita da una imponente torre a pianta quadrata che tiene d’occhio l’intero impianto ed il cortiletto in cui ancora giacciono un pozzo ed un forno. Poco più avanti una sedia ed un tavolo ti introducono a due ambienti così corrosi dal tempo che è impossibile individuarne l’utilizzo che vi si faceva. A qualche metro più in là ti attende una casupola con un patio che ancora protegge antiche botti e che ti fa da sfondo ad una scalinata che, a scenderla, ti catapulta nel cuore pulsante del borgo.
Deviando a sinistra, seguendo un’ultima curva in salita, sei sul punto più alto.
Da qui si sviluppano una serie di case annesse a cortili interni che ti circondano per tre quarti della parete perimetrale: porte mangiate dal tempo, altre chiuse da centinaia di anni, vicoli che conducono un po’ ovunque ed un tripudio di canne fumarie che fanno capolino dai tetti e pronte per essere le protagoniste degli scorci da immortalare; e poi lampioni in ferro battuto perfettamente conservati e ancora fregi e architravi per chi alza il naso e si dedica ai dettagli.
In una di queste stradine si erge fiera Casa Simeoni, figlia del 1700, composta di stalla con mangiatoia, cucina, patio, fornace e svariate stanze; una casa nobiliare, insomma, che impreziosisce ulteriormente il passato del luogo e l’esperienza di chi, ad oggi lo ammira.
Si sa ben poco di questo tesoro medievale, d’altronde non risulta semplice scavare in 500 anni di storia, pertanto resta solo passeggiarci su, magari liberando la fantasia e immaginando il via vai delle persone, i rumori dei calesse, i bambini che si rincorrono, le donne che cucinano cose calde e buone per i mariti che rientravano alla sera, il vino in tavola, i camini che scoppiettano e le candele che tentano di illuminare.
Sarà andata più o meno così.
Il villaggio fantasma si visita in meno di un’ora e, come accade se si cammina su cinque secoli, ti da quella sensazione di salto nel tempo che ti disorienta quando, terminato il percorso, ti ritrovi all’auto, pronto (o quasi) a tornare alla civiltà.
Data un’ultima, veloce occhiata a questa ”vecchia cartolina” ti assicuri di non averne persa nemmeno una di quelle pietre che l’hanno creata e che ancora la tengono fieramente eretta.
Se questo villaggio fantasma ha stuzzicato la tua curiosità, ecco una lista di borghi abbandonati. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati della Campania?
L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.
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Teresa Fini entra nel mondo urbex circa dieci anni fa, girando l’Europa, ma consolida il suo percorso esplorativo negli ultimi anni, compiendo decine e decine di esplorazioni.
La sua passione viene, negli anni, alimentata anche dalle origini della sua città, Napoli, pregna di storia, cultura, esoterismo e mistero, che lei ama portare alla luce attraverso ciò che più le piace fare: scoprire, fotografare, scrivere, appassionare.