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Splendida Liguria, siamo a  Levante, ricca di paesaggi affascinanti e rinomate località turistiche, rinfrescante paradiso estivo per turisti di tutto il mondo. Ogni castello ha il suo drago, ogni fosso il suo coccodrillo, ogni mela il suo verme. Eccezioni non se ne fanno nemmeno qui. Avevo solo sentito parlare di questa miniera abbandonata, accessibile attraverso una strada carrabile, volendo anche su mezzi gommati. Ex miniere le chiamano. Di rame e calcopirite. Una ferita aperta sarebbe più consona come definizione. Eppure a prima vista non appaiono così. Immerse nel verde, a dieci minuti dal mare. Di proprietà di una società privata, versano ora in stato di totale oblio. Sfruttate già nell’antichità, parliamo di circa 3000 anni fa secondo la datazione al carbonio di alcuni reperti rinvenuti, erano ricche di rame e ferro.

Nel fiore del loro utilizzo, passarono di mano in mano, prima agli inglesi, poi industria bellica, successivamente ai soldati tedeschi dopo il ’43, anche se nelle gallerie erano nascosti i partigiani in aperto conflitto con gli alpini, fino ad alcune società estrattive. Mani che si arricchirono, tanto da poter acquistare alcuni tra gli immobili di maggior pregio della riviera.
Ovviamente parliamo degli inglesi, i primi da metà Ottocento a far fruttare effettivamente le ricchezze del sottosuolo.

Un paesaggio alieno, marziano, ci accoglie. Le rocce sono, ancora oggi, rosse e aride. L’acqua che cade sulle pietre porta a valle, attraverso vari piccoli torrenti, liquidi saltuariamente maleodoranti ma soprattutto coloratissimi. A valle acque rosso Marte, a monte acque verde rame. Anche se il fenomeno verde blu sì è ormai esaurito. Ossidi, solfuri, solfati e acetati. Di ferro, rame, manganese, cromo nichel e silicio. Splendidi colori ma probabilmente non salutari. O non totalmente almeno. La zona, di circa 500 ettari, è interessata da vari smottamenti dovuti soprattutto agli scavi perpetrati nel tempo. Movimenti franosi che sono palesi e inquietanti. Aggravati da un fatto singolare. Tra gli anni ’70 e ’80, il comune di competenza ha pensato bene di colmare tali “buchi” con … la spazzatura! Non volontariamente almeno, ma dopo la dismissione per esaurimento del potenziale estrattivo, la miniera abbandonata fu utilizzata come discarica. L’immondizia inevitabilmente finì con l’ occupare parte delle gallerie, che tutt’ora sono inagibili, a rischio crolli ed esalazioni di gas potenzialmente tossici. Sia per la spazzatura che per i residui dell’attività mineraria. Impatto ambientale di vaste proporzioni, come sostenuto da regione e società controllo acque di competenza.
Da qui, importanti progetti e finanziamenti sono stati programmati, ma attualmente si vedono solo risultati parziali. Parliamo di più di mezzo milione di Euro per la bonifica, parte del quale già stanziata. Dove sia finita però, rimane tutt’ora un mistero per i non addetti ai lavori.

Rimangono mezzi arrugginiti e strutture abbandonate di qualsiasi tipo e metratura, più conservate o meno. I locali dell’amministrazione, sicuramente, hanno il maggior impatto a livello fotografico, anche se totalmente spogli, vuoti e internamente semi demoliti, teatro occasionale di tiro al bersaglio. Nemmeno la casa del direttore, posta su una radura più elevata a controllo della zona ma al contempo riparata, si è salvata da pesanti crolli. Rimane una faccia con una volta decorativa a testimonianza di un florido passato.
Chiedendo notizie, ci imbattiamo in un conoscitore d’élite del luogo che con dedizione, precisione e commozione ci racconta tutto della miniera abbandonata, attraverso le vicende storiche, le sensazioni personali, nonché la storia di famiglia, legata alla miniera stessa.

Questo era un borgo a tutti gli effetti, erano impiegati donne e uomini in tutte le fasi lavorative, nonché era presente nei locali dell’amministrazione un medico due volte a settimana, cosa importante e non scontata per l’epoca.
Una vera e propria industria estrattiva. Il trasporto dei minerali era effettuato su rotaia, innovativo e quasi impensabile se si considera la natura del posto, come sappiamo la Liguria non è zona pianeggiante! Sfruttando proprio le pendenze, riuscirono però a ideare un sistema intelligente ed efficace di ‘carrucole’ con i vagoni. I semi lavorati venivano poi portati al mare, stivati nei magazzini dei pescatori in attesa dei ‘vapori’ che li avrebbero portati a destinazione. La nostra “guida” descrive ogni passaggio tra i vari proprietari, ogni singolo scavo e soprattutto alcune leggende legate al luogo. Come quella della Pria, un monolite “appeso” sul versante opposto al deposito esplodenti, ora in vendita, che veglia costantemente sul sentiero delle miniere. Pronta però ad annunciare eventuali eventi nefasti e catastrofici con il suo distacco. O quella del presunto primo campo da calcio della Liguria, utilizzato dai proprietari inglesi per fare divertire i connazionali in visita o gli addetti agli uffici, ma sempre britannici: agli operai infatti non ne era consentito l’utilizzo.
Un ringraziamento particolare a questa persona, legata indissolubilmente al luogo da generazioni, che ha voluto mostrarci ogni singolo aspetto della vita di questo luogo dimenticato.

Malandate recinzioni arrugginite difendono le entrate degli antri di Polifemo, come appaiono ai nostri occhi. Altre invece sono relativamente nuove. Peccato non poter visitare, per ora, l’interno delle gallerie, troppo rischioso. L’odore è veramente penetrante a tratti, odore di ferro, odore di sangue. Sangue che un tempo è stato versato, di operai e di soldati, di qualsiasi barricata. Non sta a me sicuramente giudicare il lento percorso che dovrebbe condurre alla bonifica. Sicuramente, un problema ambientale di tale portata, non dovrebbe rimanere sepolto e occulto agli occhi della comunità, dell’Italia intera. Nemmeno mi curo di chi, insospettito dal nostro arrivo, arrivando su una vecchia vespa, ha controllato cosa avessimo effettivamente combinato. Sicura, nel profondo, che sia qualcuno come noi, che auspica nel recupero di questa miniera abbandonata, una potenziale oasi di pace, rigogliosa e sana.
Forse un giorno vedremo una scia limacciosa rosso verde rame arrivare fino al mare e fondersi con le acque salate. Allora sì sarà un disastro, forse annunciato.

Nel frattempo ci auguriamo invece che la prospettiva sia diversa. I progetti potrebbero essere svariati in tipologia e utilità. Il terreno fragile e la natura selvaggia che si riprende la sua identità, però, non fanno presagire nulla di buono e non è sicuramente la base ideale da cui improntare una riqualificazione. Va menzionata comunque la lottizzazione di alcuni terreni e la ristrutturazione conclusasi con la vendita della ‘house’ degli inglesi, ora diventata un villa di cinque appartamenti. Tutti abitati.

Se questa miniera abbandonata ha stuzzicato la tua curiosità, ecco una lista di miniere abbandonate. Altrimenti perché non esplorare virtualmente altri luoghi abbandonati della Liguria?

L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.
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