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Le campagne emiliane sono disseminate di enormi case coloniche che un tempo ospitavano i mezzadri che curavano il bestiame e le coltivazioni dei nobili locali. Purtroppo, negli ultimi anni, a causa dell’evoluzione delle dinamiche sociali, sempre più spesso questi casolari sono destinati all’abbandono, e questa abitazione ne è un esempio significativo.

Percorrendo la statale che taglia a metà le campagne è impossibile non notare a bordo strada questo complesso composto da ben otto fabbricati: villa padronale, cappella gentilizia, fucina, osteria, magazzino, due stalle e una modesta abitazione.
L’edificio più antico è la villa, il cui corpo centrale è risalente al Cinquecento. La struttura attuale è il frutto di diverse modifiche architettoniche e planimetriche attuate negli anni e dovute alle scelte delle molteplici casate che l’hanno abitata.
Durante la Seconda Guerra Mondiale iniziò il declino della proprietà, che venne requisita dalle truppe tedesche e successivamente danneggiata dall’aviazione anglo-americana.
Nel dopoguerra alcune zone continuarono ad essere utilizzate come botteghe artigiane, taverna e scuola elementare, ma a causa del deterioramento strutturale, vennero gradualmente abbandonate.

La villa, in epoca recente, è stata lo studio di un noto scultore bolognese, morto nel gennaio 2023, al quale desidero dedicare questo articolo. Proprio nel parco in cui andavo a giocare da bambino, giusto sotto casa, vi erano circa duecento figure umane a grandezza naturale che popolavano come astanti l’area, formando una sorta di silente necropoli nel verde pubblico, tutte opere del suddetto scultore.
Il destino ha voluto che, qualche mese dopo essermi trasferito in un piccolo paese di campagna qualche anno fa, a pochi passi dalla mia nuova residenza venissero installate due statue che raccontano il ciclo di lavorazione della terra: una figura maschile con una falce in mano intenta a mietere il grano e una femminile mentre raccoglie l’uva. Indovinate chi era l’artista che le scolpì?
È stato un colpo al cuore aver rinvenuto in questa esplorazione i suoi strumenti di lavoro, i calchi per la realizzazione di statue e anche numerose sue opere, probabilmente solo bozze o prove di lavorazione, ma che sono comunque riuscite a farmi emozionare.

Il complesso era davvero grande. Dopo svariate ore passate a fotografarlo, proprio mentre stavo riponendo l’attrezzatura nello zaino per andarmene udii dei rumori; non mi spaventai più di tanto, immaginando che fosse entrato un altro fotografo. Piuttosto incuriosito, decisi di andare a controllare chi fosse, quindi, seguendo i suoi passi, lo raggiunsi in un corridoio quasi totalmente buio. Mi sentì, si voltò, mi vide e si pietrificò all’instante: era pallido e paralizzato dalla paura. Lo tranquillizzai e gli chiesi cosa ci faceva dentro.
– Ero curioso. Abito qui vicino e spesso vengo ad arrampicarmi nell’albero che c’è nel cortile, è uno dei più alti della zona. E tu che ci fai?
Gli spiegai che stavo facendo delle foto e lo accompagnai a fare un giro della dell’abitazione in abbandono. Mentre ci muovevamo per le stanze mi raccontò un po’ della sua vita con un leggero accento est europeo. Ventidue anni, studente, l’arrampicata come hobby.
Giunti ad un punto morto, davanti a noi si aprivano delle stanze affrescate con del mobilio, ma mancava il pavimento per poterle raggiungere. Fino a questo momento non aveva avuto nessuna emozione, nemmeno i busti o le statuette lo avevano colpito, ma vedendo le stanze inaccessibili gli si illuminarono gli occhi.
Mi guardò con aria di sfida mi disse: – Io vado di là! Sotto di lui, il vuoto. Si aggrappò di qua, si appoggiò di là ed arrivò agilmente alla zona “inaccessibile”.
– Ora vieni anche te! Lo guardai titubante mentre tentava di convincermi, spiegandomi passo dopo passo le mosse da compiere per raggiungerlo. Mi fidai di lui e lo raggiunsi, con l’adrenalina a mille.
A questo punto ritirai fuori l’attrezzatura per fotografare anche quelle stanze. Lui mi guardò ridendo
– Non avevo mai visto nessuno fotografare una villa abbandonata. Ti posso fare una foto? Mi scattò una foto col telefono e poi anche lui tirò fuori la sua attrezzatura dallo zaino: grinder, cartine e filtri e si rollò una sigaretta senza tabacco. Rimanemmo a parlare del più e del meno e notai che il suo zaino, rimasto aperto, era pieno zeppo di corde da arrampicata, così gli domandai il motivo per cui non le avessimo usate.
– Senza è più divertente!
Come dargli torto?!?

Il sole stava tramontando e decidemmo di uscire dalla villa. Dopo nuove acrobazie, una volta raggiunto giardino ci salutammo. Tornai verso casa e lui, non ancora contento, si arrampicò sul “suo albero”. Nel tragitto ripensai a quanto accaduto: una bellissima esperienza da raccontare, nuove sensazioni da condividere. Ricordi meravigliosi che non si dissolveranno nel tempo… Purtroppo non si può dire lo stesso per l’abitazione lasciata all’abbandono, che si deteriorerà ogni giorno sempre di più fino all’inesorabile fine.

Per vedere tutte le altre foto scattate in questa villa vi rimandiamo all’album di Tesori Abbandonati: LA VILLA DELLO SCULTORE.

Se questa abitazione in stato di abbandono ha stuzzicato la tua curiosità, ecco una lista di ville abbandonate. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati dell’Emilia Romagna?

L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.
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