Manicomio abbandonato.
Ricordo da piccolo con mio padre le passeggiate in via Pretoria. Spesso si incontravano gruppetti di due o tre persone che urlavano e dicevano cose senza senso. Ne ricordo uno in particolare che in mezzo alla folla sparava in aria con una scacciacani, ma i passanti lo ignoravano; lo ignoravano perché sapevano chi fosse, ma io chiesi a mio padre: “ papà perché fanno cosi?”, e lui mi rispose: “perché sono pazzi”.
Erano i pazienti dell’ospedale psichiatrico, o come si chiamava ai tempi manicomio, che venivano lasciati liberi in alcune ore della giornata.
Ora sono passati tanti anni, i manicomi sono chiusi ed io ho intrapreso questo progetto fotografico a lungo termine sui luoghi abbandonati. Da quando iniziai la ricerca di queste strutture, dieci anni fa, provai anche ad informarmi su questo ospedale, ma da ciò che trovai, risultò attivo, non più come manicomio, ma come RSA per anziani. Quindi me ne dimenticai.
Fino ad oggi.
Mi trovo in Basilicata per visitare i miei parenti, che non vedo da molto tempo, e per puro caso ci passo davanti in macchina con mio zio, il quale mi dice: “quello una volta era il manicomio ed ora è abbandonato”, così capisco finalmente che sebbene molti padiglioni siano stati recuperati, l’area indicatomi da mio zio no!
Casualmente, il giorno dopo ho un appuntamento con Vincenzo, il nostro recensore della Basilicata, così al nostro incontro gli chiedo di aggiungere una tappa.
Arrivati sul posto troviamo davanti l’accesso un gabbiotto con una guardia giurata, impossibilitati ad accedere senza farci vedere, decidiamo di parlarci. Fortuna vuole che il guardiano si dimostri tranquillo e ben disposto ad ascoltarci. Alle parole: “andate, ma io non vi ho visto” parte l’esplorazione.
All’ interno troviamo una struttura spoglia e vandalizzata, pochi sono i riferimenti al periodo del manicomio: qualche comodino, un letto, un paio di sedie a rotelle e infine per terra, trovo una cornice con alcune foto di vecchi pazienti.
Il manicomio nacque per volere di Don Uva, che già aveva dato vita ad un altro istituto di ricovero per alienati in Puglia. Tra il 1926 ed il 1928 manifestò l’intenzione di ampliare il suo progetto anche in Basilicata, che allora non aveva istituti di questo tipo. Ci vollero molti anni per riuscire a metterete in pratica il progetto.
Nel 1951 finalmente iniziarono i lavori e Don Uva si dedicò con incessante fervore a tutte le attività necessarie per costruire celermente l’ospedale. Il 6 marzo 1954 morì, già sofferente da due anni per una grave malattia, così non poté mai vedere concluso il suo progetto, che fu portato a termine appena due anni dopo. Col tempo la struttura si pose all’avanguardia nel campo della riabilitazione psicosociale, attivando oltre venti laboratori di attività occupazionale (musico-terapia, atelier per attività espressive; lavorazione della ceramica, cartapesta, legno e ferro; laboratorio di maglieria e ricamo) frequentati da oltre 300 ricoverati; venne anche creata una polisportiva che per diversi anni è stata ai vertici nazionali delle attività sportive dei portatori di handicap.
Venivano inoltre organizzati corsi di formazione per il recupero educativo e lavorativo dei degenti.
Fino a Basaglia. Il resto è storia.
Se questo manicomio abbandonato ha stuzzicato la tua curiosità, ecco una lista di manicomi abbandonati. Altrimenti perché non esplorare virtualmente i luoghi abbandonati della Basilicata?
L’obiettivo dell’esplorazione è toccare il fondo e la cima, toccare… per vedere se la porta si apre.
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Nato a Potenza ma residente a Pescara da molti anni.
Valerio si è diplomato all’istituto d’arte con indirizzo di fotografia e oggi continua a coltivare questa passione attraverso la partecipazione di mostre fotografiche e articoli sull’esplorazione urbana.